L’autobus dei parenti

di Giorgio Gandola

Un miliardo di passivo. È l’Atac, la società dei trasporti urbani di Roma, che perde 150 milioni all’anno, al centro delle polemiche per una storia di biglietti clonati che somiglia a una truffa, ma negli ultimi due anni ha assunto 854 dipendenti senza concorso.

Un miliardo di passivo, ma non è l’Alitalia. E’ l’Atac, la società dei trasporti urbani di Roma, che perde 150 milioni all’anno, è al centro delle polemiche per una storia di biglietti clonati che somiglia a una truffa, ma negli ultimi due anni ha assunto la bellezza di 854 dipendenti a chiamata, vale a dire senza concorso. Un’inchiesta giornalistica (La Repubblica) ha scoperto che parte di questi nuovi assunti sono nuore, generi, nipoti, segretarie, figli di segretarie di assessori, dirigenti, sindacalisti dell’azienda. Tutto questo è sulla scrivania dei magistrati, anche perché costa 50 milioni di euro all’anno alla già disastrata compagnia di trasporti e risale all’allegra gestione dell’ex amministratore delegato Adalberto Bertucci, indagato con altre sette persone per la clamorosa parentopoli. Dovrà spiegare quali peculiarità professionali aveva il marito della figlia, che faceva il fiorista a Guidonia, per entrare nel suo staff dirigenziale. E poi il nipote, e poi l’inflessibile segretaria, e ancora la nuora di quest’ultima in una catena di Sant’Antonio infinita e imbarazzante. Uno dopo l’altro, parenti vicini e lontani indissolubilmente legati dal destino. Più che Atac sembrava Attak. Una pittrice conoscente che esibisce tele e mostre su Internet guida la Comunicazione. E la segretaria del direttore industriale è una signorina che faceva la cubista e ha un invidiabile curriculum di calendari sexy. Sulla corriera stravagante ci sono tutti, basta che siano vicini ad Adalberto Bertucci. Il quale ha sempre avuto un pallino: diventare un consulente del lavoro

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