La squola

Una nuova Spectre si aggira nelle scuole: sarebbe l’Invalsi, l’Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema di Istruzione e formazione. Il Paese spende circa 50 miliardi di euro l’anno in istruzione. E vuole sapere se ne vale la candela.

E così, circa un milione e duecentomila studenti della seconda e della quinta elementare sono stati sottoposti ad una prova di italiano. Poi è toccato alla matematica. Il 12 maggio saranno coinvolti gli istituti superiori. Lo scopo: fornire alle scuole dati reali sui quali riflettere per migliorare la didattica, e al Paese, al Governo e al Parlamento un quadro realistico dei livelli di acquisizione di due fondamentali competenze di cittadinanza.

«Puro buon senso», esclamerebbe dagli albi di Tex Willer il noto filosofo Kit Carson. Ma i Cobas della scuola e la Gilda degli insegnanti hanno indetto scioperi per boicottare le prove. Un numero imprecisato di famiglie tiene i bambini a casa. Alla base stanno un’ignoranza (come scrivere scuola con la q) e una fuga. Ignoranza, perché i test non valutano il singolo studente, ma l’aggregato statistico. Interessa giudicare la scuola, al singolo pensano i docenti. Solo nel caso della terza media, i risultati dei test «fanno media» con quelli degli esami. Fuga: gli insegnanti sospettano di essere valutati per interposto alunno. E rifiutano con gli slogan più bizzarri: non siamo numeri, non siamo codici, non siamo un’azienda. I genitori ritengono che i loro figli non debbano rispondere a nessuno. In realtà, testimoniano la fuga dalle responsabilità educative nei confronti dei figli. Alla fine di questo ciclo dell’irresponsabilità adulta, il prodotto è quello di una giovane generazione fragile, talvolta immatura. Emergenza educativa? Sì, quella degli adulti.

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