La spintarella

Il cinismo. Del rapporto Censis che formalizza la paura del futuro della società italiana provata da sette anni di crisi, ciò che preoccupa di più è un passaggio ritenuto secondario.

Alla domanda su quali siano i fattori più importanti per riuscire nella vita l’italiano dà via libera alla sua disillusione e inserisce in classifica la raccomandazione e la famiglia ricca.

La graduatoria è illuminante. L’istruzione e il lavoro duro, motori che all’estero sono considerati decisivi (82% in Germania, 74% Gran Bretagna) da noi incidono meno, 51% e 46%. In rapporto ai due valori primari hanno certamente un peso notevole le conoscenze giuste (29%) e la provenienza da famiglia benestante (20%). All’ultimo posto, marginalizzata dallo scetticismo cosmico, l’intelligenza langue al 7%. Il valore più basso dell’Unione europea.

Il segnale è sconfortante, significa che siamo fermi agli anni Sessanta e che la ricostruzione della fiducia sarà un cammino lungo. I difetti endemici del tipo italiano non solo non sono stati estirpati, ma vengono ritenuti ancora decisivi per aprire le porte e garantire il futuro a giovani altrimenti costretti a vagare tra Facebook e le agenzie interinali. Sembra che il tempo si sia fermato e che i film di Alberto Sordi si siano trasformati da commedie in incubi per una società incapace di guardare avanti con serietà, di darsi regole condivise che non somiglino più ai mezzucci d’un tempo.

La nostra speranza è che la spremuta di Italia del Censis sia più amara della realtà e che i numeri aridi non riescano a restituirci un valore sul quale abbiamo sempre costruito le nostre eccellenze: l’umanità

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