La grande fuga

È uno schiaffo ai nostri figli, nati europei, cresciuti senza frontiere. La Brexit è uno sberlone in faccia ai nostri ragazzi che nel periodo dei muri e della minacciata sospensione di Maastricht avevano un problema: non sapevano giustamente cosa fosse Maastricht. Perché sono nati senza frontiere, senza dogane, con un mondo da esplorare e un aereo a basso prezzo su cui salire.

Ora questi giovani della generazione Erasmus, degli scambi bilaterali, delle vacanze studio nei college (tra l’altro strapagate per avere in cambio bacon rinsecchito da famiglie dalla speculazione facile) si sentono dire che una delle mete più ambite è chiusa. Che Londra, uno dei laboratori sociali più moderni del pianeta, costruita dai tanti immigrati che da tutto il mondo l’hanno resa multiculturale e unica, da domani è serrata. Per favore mostrare documenti.

Come spiegarlo agli ultrasessantacinquenni inglesi (gli scozzesi sono furibondi) che hanno determinato il leave? Impossibile. Una delle più belle frasi lette sui social network è: «Siamo in una gerontocrazia. Gli stessi che hanno creato i problemi ora decidono per un futuro che non vivranno». Serve un’Europa diversa, lo abbiamo scritto decine di volte. Serve un’Europa con meno burocrati concentrati sul tre per cento del Pil e con più statisti che sappiano scaldare gli animi. Ma serve un’Europa dei popoli che si uniscono, non che si ritraggono dietro merli medioevali.

Adesso vediamo cosa sanno fare gli inglesi da soli. Winston Churchill sarebbe rimasto, l’Europa è figlia sua. Ma lui guidò gli inglesi che vinsero la seconda guerra mondiale. Questi si limitano a scappare e non vincono neanche contro la Slovacchia.

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