Italians

Nella patria di Tafazzi c’è un dato che non può sfuggire: l’Italia è il terzo contribuente dell’Unione europea.

E mentre la bacchetta di Bruxelles cala come una mannaia; mentre la richiesta di compiti a casa viene ripetuta un giorno si e l’altro pure; mentre le nostre Finanziarie vengono bocciate o rimandate con malcelato biasimo, dovremmo avere il coraggio di ricordare che il saldo complessivo fra il dare e l’avere è negativo. Vale a dire che un Paese considerato sgangherato dai burocrati del Nord Europa ha contribuito all’unione per 16,4 miliardi e ne ha ricevuti in cambio 10,7. Da qualche anno lo sbilancio a nostro svantaggio è di 5,7 miliardi.

L’Italia versa meno di Germania e Francia, ma più di tutti gli altri Paesi con le stelle a girotondo sulla bandiera. Questo va detto per rendere giustizia alla generosità degli italiani e alla micragnosa diffidenza dell’Unione europea, capace di dare sei miliardi alla Turchia per arginare il flusso dei profughi e del tutto insensibili (per anni) alle richieste prima di Letta e poi di Renzi per finanziare un progetto condiviso di accoglienza e smistamento. Se quell’operazione fosse andata a compimento, forse oggi le emergenze sarebbero meno devastanti.

L’Europa ci chiede quasi sei miliardi all’anno a fondo perduto, quindi non ha tutti questi diritti di insegnarci il galateo istituzionale. Detto questo, come al solito, buona parte delle colpe restano al di qua delle Alpi perché siamo anche il Paese che attinge meno ai fondi comunitari: ne utilizziamo solo il 52,7%, poco più della metà. Generosi e spreconi, in una parola italiani.

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