Il rene viaggiatore

Chissà come hanno dato la notizia al paziente. Quali parole hanno usato, quali pause si sono presi prima di dirgli la verità. «Non possiamo più fare straordinari, il trapianto che lei aspetta da mesi è rimandato e il suo rene è in volo per Torino. Lì hanno la tecnologia per conservarlo».

Perché il fatto è esattamente questo, semplice in tutta la sua enormità paradossale. Ed è avvenuto all’ospedale Brotzu di Cagliari dove un trapianto è stato sospeso per colpa di due rigidità, quella della normativa europea e quella sindacale. Ci sarebbe anche il comportamento passivo dei vertici amministrativi dell’azienda ospedaliera, ma in questa fase di riforma della Sanità nessuno si assume responsabilità. Meglio stare alla finestra, anche se con vista sul teatro dell’assurdo.

Il problema nasce dall’applicazione ferrea delle

direttive comunitarie sullo straordinario. Tra un turno e l’altro devono passare almeno 11 ore e il lavoro non può proseguire oltre le 12 ore e 50 minuti. Basta che un medico o un infermiere dell’équipe sia fuori orario per mandare a monte l’intervento. Una gabbia di cui tener conto, anche perché esiste la possibilità di sanzioni disciplinari contro chi sgarra. «In queste ore stiamo rischiando nuovamente di non poter trapiantare gli organi appena prelevati - spiega Ugo Storelli, coordinatore dei trapianti del Brotzu -. Le carenze d’organico ci penalizzano».

Sarà certamente tutto lecito, ma ci porta lontano dalla regola numero uno, dalla quale tutte le altre discendono in un ospedale: al centro dev’esserci il paziente da guarire. Se una direttiva europea conta più del giuramento di Ippocrate, significa semplicemente che è sbagliata.

© RIPRODUZIONE RISERVATA