Due euro e mezzo

Indossano la stessa tuta da un mese, da due non ricevono i due euro e mezzo della diaria (anche se la leggenda metropolitana continua a dire 30), vorrebbero imparare l’italiano ma nessuno glielo insegna, neppure a monosillabi.

Sono 29 profughi presi a campione per fotografare, con un eufemismo, l’estremo benessere della categoria sbandierato da chi quotidianamente strumentalizza la loro condizione per alimentare conflitti sociali fra poveri che fanno male a tutti in un’Italia a rischio inaridimento dell’anima. Accade nel Mugello, in un agriturismo messo a disposizione per l’accoglienza di un manipolo di disperati (pakistani, maghrebini) in fuga dalla guerra. E sembra la destinazione della missiva di Papa Francesco, che l’altro giorno ha alzato la voce per dire: «I poveri non siano fonte di guadagno, c’è bisogno di testimoniare il valore della gratuità». Non parlava degli scafisti e della mafia romana com’era sembrato per coincidenza mediatica, ma di un’ipocrisia strisciante che la vicenda del Mugello esemplifica alla perfezione.

Per tenere i profughi il proprietario dell’agriturismo riceve mille euro al giorno e dice al Corriere della Sera: «D’inverno va bene così perché qui non viene nessun turista, se non ci guadagnassi non lo farei». Il riscaldamento è spento, il paese di Vicchio è a un chilometro e alcune persone di buona volontà hanno allestito una colletta per raccogliere vecchie tute utili come cambio biancheria per i 29 profughi. Poiché le spese sono minime e la borsa del gestore è serrata, si potrebbe stimare un guadagno di 700 euro al giorno, 250 mila euro l’anno ad agriturismo chiuso, business a occhio più conveniente di quello ad agriturismo aperto. È davvero senza baricentro morale un Paese in cui, chi non vuole i profughi, finisce per specularci sopra.

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