Disastri romani

La Capitale traballa per mancanza di equilibrio. Ce n’eravamo accorti ai tempi di Ignazio Marino, caratterizzati da schizofrenia mediatica e monnezza per le strade. Abbiamo avuto la conferma in questi giorni mentre a Roma imperversa la corsa con i gomiti larghi alla candidatura del centrodestra. Il caos regna sovrano.

Berlusconi aveva scelto l’ex nume tutelare della Protezione civile Guido Bertolaso con il consenso di Fratelli d’Italia e il ribrezzo di Salvini, che avrebbe preferito Alfio Marchini. Poiché a Roma la Lega vale meno del due per cento, l’ex Cavaliere ha deciso di tirare dritto e di indire le gazebarie (nome da picnic) che hanno sancito la candidatura Bertolaso con il 97% di 48.000 voti più o meno validi.

Per la verità una pretendente naturale al trono sarebbe stata Giorgia Meloni, romana, più giovane di Renzi, grintosa leader di Fratelli d’Italia. Sondata, si era sempre defilata con la nobile motivazione d’essere incinta. A un sostenitore che la rimproverava per la mancanza di slancio, qualche giorno fa aveva chiuso la bocca così: «Quando partorirai mi saprai dire». Tutto chiaro? No, perché lunedì, dopo la gaffe di Bertolaso sul possibile vicesindaco («La Meloni no, deve fare la mamma»), Giorgia ha cambiato idea e adesso vorrebbe candidarsi al posto dell’esperto in disastri , messo pesantemente in imbarazzo dalla scivolata sessista. Salvini è pronto a votare la Meloni e Berlusconi sembra all’angolo. Poiché anche il Pd non sembra propriamente unito, tutto questo ha un solo beneficiario, la signora Virginia Raggi, rassicurante e professionale avvocata cinquestelle. Se Grillo non le complica la vita con qualche uscita delle sue, può farcela.

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