Diritti o doveri?

Diritti Acquisiti. Parole magiche, salvagente della coscienza individuale e canotto della coscienza collettiva. L’Italia dei Diritti Acquisiti non molla la presa e chiede che i patti stipulati in un’altra era e dentro un altro mondo debbano essere rispettati.

Pacta sunt servanda, ha ripetuto la Corte Costituzionale riguardo alle pensioni, anche se il peplum ce l’hanno solo i centurioni che fanno i selfie con i turisti a Castel Sant’Angelo. Poco importa che nel dicembre 2011 la mossa parlamentare del governo Monti fosse indirizzata a scongiurare il default del Paese e l’arrivo della Troika, vale a dire a salvaguardare i Diritti di tutti, non solo quelli Acquisiti da alcuni.

Giusta o sbagliata quella sentenza? Il quesito non si pone in senso giuridico quanto in senso storico e di contesto. In fondo la domanda se l’è fatta anche la Consulta, se è vero com’è vero che la sentenza è passata con 7 voti contro 6 grazie al doppio voto del presidente; significa che qualche dubbio l’hanno avuto anche i giudici. Ci chiediamo anche se sia giusto (non legittimo, ma giusto) che chi gode di pensioni più alte del triplo rispetto al minimo non debba contribuire a dare un piccolo sostegno alla collettività in difficoltà, visto che più del 50% degli italiani riceve assegni di quiescenza inferiori a questo tetto.

La risposta della Corte Costituzionale è stata: no. E adesso si litiga su come restituire i 18 miliardi. Ovviamente la solidarietà va a farsi benedire. Giovani, fasce deboli: tutti penalizzati tranne coloro che hanno Diritti Acquisiti intangibili. Cittadini di serie A e di serie B. Ma questo non sarebbe in contraddizione con l’articolo 3 della Costituzione?

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