Cozze e dintorni

Così, custodi dell’ambiente sarebbero le regioni. E non regioni a caso: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, fra i promotori più accesi del referendum sulle trivelle. E qui, senza entrare nel merito della contesa, vale la pena sollevare il sopracciglio perchè proprio quelle quattro regioni negli scorsi decenni si sono distinte per gli scempi che hanno fatto e consentito di fare proprio all’ambiente dei loro meravigliosi territori.

Costruzioni abusive sulla Costiera amalfitana, l’ecomostro di Punta Perotti sul mare davanti a Bari, viadotti che finiscono nel nulla o che crollano a pochi giorni dall’inaugurazione, speculazioni edilizie che gridano vendetta come quella alla Scala dei Turchi, davanti a una delle spiagge siciliane più famose del mondo. L’elenco è molto più lungo di quello delle piattaforme attive. Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, sta andando all’arrembaggio con un divertente motto sulla bandiera: «A Napoli cozze e vongole, no trivelle». In realtà a Napoli non ci sono nè ci saranno trivelle in mare (vietate), ma gli scarichi fognari fanno sì che le cozze noi non le mangeremmo. A differenza di quelle romagnole, dove peraltro le piattaforme esistono.

La demagogia delle regioni - soprattutto di quelle che con la cura dell’ambiente non hanno mai avuto niente a che spartire - ha un suo motivo d’esistere ed è bene saperlo. Il governo intende togliere per legge proprio alle regioni le competenze in materia di politica energetica per uniformare le decisioni a livello nazionale. Dietro al voto si intravede un braccio di ferro di poteri contrapposti e di interessi meno limpidi dell’acqua di sorgente. Questo indipendentemente dalla legittimità della consultazione. Altro che cozze.

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