Caffè sospeso

La solidarietà un tempo era un segno distintivo della vita sociale, un valore sacro e inviolabile. Qualcosa che andava al di là delle barricate e dei contrasti piccoli e grandi, che riempiva con il cuore le distanze della ragione. Anche Papa Francesco ha evocato in questi giorni la Chiesa e l’epoca di Don Camillo, quel contesto che al vigore di parole e gesti univa sempre e comunque la bontà dell’animo.

La quintessenza di un’idea di prossimo si poteva ritrovare tutta in una tradizione che ad altre latitudini, in particolare a Napoli, aveva creato l’usanza del «caffè sospeso». L’avvocato o il semplice avventore bevevano un caffè al bar, magari di fretta, pagandone due. Il secondo restava a disposizione di qualche poveraccio che, successivamente, avrebbe chiesto con serena dignità un «caffè sospeso». I social della rete e l’evidenza dei tempi segnalano oggi che quell’«Italia del cuore» si è di molto imbruttita, al punto che in questi giorni a tener banco è un caffè sospeso del tutto diverso.

È quello che stavano sorseggiando, al Ricci di Milano, Gianni Morandi e Selvaggia Lucarelli, prima di essere cacciati dall’impacciato invito di una cameriera, incolpevole ambasciatrice del «fuori dal mio locale!» ordinato (a distanza) da Belen Rodriguez, che con la Lucarelli ha conti in sospeso. Un’occasione sprecata: il mito della canzone italiana avrebbe potuto fare da elegante sensale ad un’ideale stretta di mano a distanza fra le due litiganti, un po’ di classe dopo inutili veleni virtuali. Una classe che non è quella scolastica, dove pure si insulta via web e dove arrivano le sospensioni. Con le mamme però che denunciano i prof e difendono i futuri fenomeni. Don Camillo, quando puoi, torna a bere un caffè.

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