Beffare l’Isis

Truffare l’Isis dev’essere un’impresa; truffarla sul suo terreno di mistificazione preferito, Internet e i social network, è qualcosa che potrebbe entrare nella storia delle provocazioni come l’atterraggio di Mathias Rust in Piazza Rossa a bordo di un aeroplanino da turismo in piena Guerra fredda.

Sta di fatto che qualche giorno fa tre ragazze cecene sono state arrestate dalla polizia per aver adescato via web reclutatori del Califfato e aver estorto loro del denaro. La vicenda non ha il suo fulcro nel bottino - duecentomila rubli che valgono circa 3300 dollari - ma nella modalità con cui le tre fanciulle hanno gabbato i miliziani jihadisti. Le giovani manoleste si sono proposte per diventare «foreign fighters» e trasferirsi in Siria a combattere sotto la bandiera nera, ma agli interlocutori in rete che le invitavano a fare il salto hanno candidamente risposto di non avere abbastanza soldi per compiere il viaggio.

Come riporta Russia Today, un reclutatore c’è cascato e ha scritto: «Ti aiuterò io». Qualche giorno dopo, via transfer, sono arrivati 3300 dollari all’indirizzo convenuto. Ma invece di usarli per la causa dello Stato islamico, le tre hanno chiuso l’account e se la sono data a gambe, finendo però nella rete della polizia incaricata di monitorare le attività del terrorismo internazionale. Il web le ha immediatamente trasformate in eroine, ma al loro posto non dormiremmo sonni troppo tranquilli. Dopo le ragazze curde che hanno difeso Kobane, ecco le ragazze cecene che si prendono gioco dei reclutatori. Presso quei guerriglieri misogeni e schiavisti la questione femminile è un vero tallone d’Achille.

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