Basta un giorno

È arrivato secondo. L’ex deputato Angelo Pezzana, eletto in Parlamento nel 1979 con il partito radicale, è sulla bocca di tutti perché titolare di un vitalizio da 2.163 euro al mese per aver partecipato ai lavori della Camera dei deputati per ben nove giorni. Poco più di una settimana, 60.000 euro versati come contributi e 650.00 euro ricevuti in questi anni da parte dello Stato.

Quando si parla di casta il Pezzana fa automaticamente capolino. Non solo per il colpo di fortuna determinato da una legge demenziale, ma anche per l’ostinazione con cui continua a difendere la liceità morale di quella scelta. «Non mi vergogno e non rinuncio nel modo più assoluto al mio vitalizio. Quella era la legge ed è giusto che venga applicata. Mi guardo allo specchio e non ho nulla da rimproverarmi».

Le stesse motivazioni di un altro campione della solidarietà, l’ex sfasciacarrozze Mario Capanna, oggi in trincea per difendere il 10% (il restante 90% non glielo tocca nessuno) del suo vitalizio in bilico. Il caso Pezzana è tornato alla luce in questi giorni anche come simbolo estremo di una pigrizia governativa nei confronti dei persistenti privilegi della politica, che negli anni si è costruita torri d’avorio a spese di quello che continua ad essere il Paese reale.

Ora, per dovere di cronaca, dobbiamo ribadire che Pezzana è arrivato secondo. Il suo collega radicale Luca Boneschi, proclamato deputato il 12 maggio 1982, è giunto al termine del mandato 24 ore dopo. Non ha mai partecipato a una seduta parlamentare, ma gode di una pensione da 3108 euro lordi da 32 anni. È un avvocato di prestigio e si occupa, non casualmente, di diritto del lavoro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA