Abissi di Carnevale

Ci piacerebbe conoscere la testa di birillo (qui non si trova una definizione migliore) intenzionata ad acquistare per 24 o 36 euro il costume di carnevale da «piccolo profugo» su Amazon. Per la serie: al peggio non c’è mai fine.

Una società di gadget ha deciso di inserire il costume fra quello di Zorro e quello di «Barbie al vernissage» e il signor Jeff Bezos ha deciso di metterlo in vendita. Salvo fare marcia indietro e toglierlo dalla boutique digitale al primo accenno di rivolta di un pubblico più sensibile di lui o di qualcuno dei suoi executive manager obnubilati dalle stock options. Una notizia così lascia di sasso, anche se il kit da profugo proposto prevede calzoni alla zuava, berretto da Monello di Chaplin e valigia di cartone, quasi a sviare l’attenzione dall’oggi per porla sull’emigrante d’inizio Novecento.

Ma se ne sentiva proprio il bisogno? Ma esiste da qualche parte nel mondo occidentale (in cui siamo nati e probabilmente moriremo con soddisfazione) un genitore così degradato da travestire suo figlio con i cenci della sofferenza per appagare la ridicola pulsione di un cachinno di carnevale? In questo cinismo mostriamo il peggio, una decadenza morale priva di freni, una volgarità annoiata che mette i brividi. E allora vorremmo consigliare a chi ha comprato quel costume di raccontare al suo bimbo - così per contestualizzare - la storia di Aylan che giace per sempre su una spiaggia dell’Anatolia o del piccolo iracheno che per farsi la maglia argentina di Messi ha usato un sacchetto di plastica e un pennarello azzurro. Prima lo spiritoso genitore gli racconti di questi due bambini, delle loro sofferenze, del significato simbolico di un simile travestimento. E poi provi a far indossare a suo figlio il costume da piccolo profugo. Vediamo se ci riesce.

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