Ci hanno tolto l'attesa del Natale

di Gigi Barcella
Caro Babbo Natale, ti scrivo per chiederti un regalo che, forse, neppure tu riuscirai a procurarmi. E mi rivolgo proprio a te perché porti i regali a tutti i bambini, e perché sei stato utilizzato dal 1931 come testimonial della Coca Cola nel tentativo, riuscito, di stimolare il consumo di Coca anche in stagioni non calde.

di Gigi Barcella
Caro Babbo Natale, ti scrivo per chiederti un regalo che, forse, neppure tu riuscirai a procurarmi. E mi rivolgo proprio a te perché porti i regali a tutti i bambini, e perché sei stato utilizzato dal 1931 come testimonial della Coca Cola nel tentativo, riuscito, di stimolare il consumo di Coca anche in stagioni non calde. La Coca Cola, grazie all'illustratore Haddon Sundblom, t'ha voluto tondo, buono, barbuto, e capace di ascoltare i desideri dei bambini. E, soprattutto, con la famosa bottiglietta in mano.

Ecco la mia richiesta: vorrei parlassi con i responsabili della comunicazione dei vari centri commerciali, dei negozi piccoli e grandi, dei Comuni, e li convincessi a non anticipare troppo luminarie e vetrine natalizie. Già spuntano qua e là le lampadine artistiche, le superofferte, i simboli della festa più bella dell'anno. Passeremo, stanne certo, quasi due mesi bombardati da continui appelli a vivere il Natale consumando nel modo giusto e più in fretta possibile, senza lasciare nulla di intentato per addobbare al meglio casa nostra, predisporre i bigliettini d'auguri alla moda, preparare piatti ricercati e inaspettati, reinterpretando, fino quasi a farle scomparire, le vecchie ricette dei nonni. E arrivati alla Vigilia saremo completamente esausti, dubbiosi comunque di non aver saputo fare il massimo, e capaci solo di augurarci che Santo Stefano arrivi il prima possibile.

Ci hanno tolto l'attesa, caro il mio Babbo Natale, ci impediscono di rifiatare, di goderci la quiete di un mese, novembre, che vorrebbe raccontarci la sua pace. Non si può: bisogna sempre pensare oltre, andare avanti, e trovarsi subito immersi in quello che viene dopo, e garantisce buone vendite, altro che i campi muti e vuoti, le nebbie, e quella gran cosa che dovrebbe essere patrimonio dell'umanità ed è invece sull'orlo dell'estinzione, sempre che già non sia perduta: il silenzio.

Ci hanno, come si dice adesso, asfaltato le emozioni, credono che se non siamo continuamente sollecitati possa spegnersi in noi la sacra fiamma del consumatore. Ci impongono una bulimia senza pause. L'intervallo non è previsto tra le categorie della loro filosofia consumistica. Non si fidano di noi. Se invece riflettessero meglio sul nostro essere, che è poi anche il loro, sui tuffi al cuore che abbiamo provato nell'avvicinarci al 25 dicembre, nelle speranze che riponevamo in quel magico giorno, così speciale da arrivare una volta all'anno e durare, inesorabilmente, ventiquattr'ore e niente di più, potrebbero ripensare le loro strategie.

Creare l'attesa. Tu lo sai meglio di me, buon Natale, quello che inventa Apple per vendere i suoi mirabolanti «I». Anticipazioni, presentazioni, «d-day»… Orio Center che apre all'alba, bivacchi nei parcheggi, in coda per ore. Non clienti ma fans. Questo per dirti che nessuno vuole una quaresima novembrina ma qui si propone un'attenzione alle persone che potrebbe ugualmente garantire alti consumi e buoni profitti. Certo è molto difficile cambiare mentalità e certezze e uno sguardo più approfondito al mercato non si può certo improvvisare. Siamo alle solite: si dovrebbe passare dal regno della quantità alla repubblica della qualità. Però non pensi, caro Babbo Natale, che varrebbe la pena tentare?

Gigi Barcella

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