Ha evaso 180mila euro di Iva ma non è stato condannato. Per la prima volta un imprenditore è stato prosciolto dal giudice perché, «a causa della difficile situazione economica dell'impresa, e più in generale della crisi finanziaria del Paese, è mancata la volontà di omettere il versamento».
Vale a dire che il titolare dell'azienda informatica portato davanti al Tribunale dall'Agenzia delle entrate, avrebbe voluto pagare il dovuto, ma proprio non aveva il denaro per farlo.
La sentenza emessa dal gup di Milano Carlo De Marchi costituisce una novità assoluta che introduce fra le pagine del diritto quella variabile meravigliosa - e di cui non sempre i giudici tengono conto - che è il buonsenso. Ottenere l'assoluzione è stato tutt'altro che semplice. In un primo tempo l'imprenditore era stato infatti condannato a sei mesi di carcere commutati in 40mila euro di multa.
Ma i legali hanno fatto ricorso, dimostrando che il loro cliente aveva doverosamente informato l'Agenzia delle entrate dell'importo dovuto, motivo per cui «non vi era stato l'intento di evadere». Per una volta tutto è bene quel che finisce bene.
Ma poiché il pianeta dei furbetti è sempre in movimento, prevediamo una pioggia di ricorsi analoghi con incalliti evasori di nuovo ringalluzziti, alla ricerca di un pertugio nel quale infilarsi per ottenere il perdono della legge. In definitiva, prendiamo la sentenza come esempio di una Giustizia più umana, ma non andiamo oltre. Potremmo rischiare il favoreggiamento.
Gigan
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