Dopo avere salvato milioni di vite umane nella pandemia di Covid-19, i vaccini a Rna messaggero si preparano a diventare le armi per combattere altre malattie, prime fra tutti i tumori, ma anche la malaria e la tubercolosi. La tecnologia che li ha resi possibili affonda le radici negli anni '80, con la tecnica chiamata 'trascrizione in vitro', che permetteva di ottenere molecole di mRna senza ricorrere alle colture cellulari.
Si aprivano improvvisamente tante strade nuove e i vaccini erano fra queste, ma con qualche ostacolo perché la tecnica doveva essere ancora perfezionata e l'mRna così ottenuto causava infiammazioni. L'entusiasmo inziale si spense rapidamente, ma non abbastanza da scoraggiare la biochimica ungherese Katalin Karikó dal continuare a esplorare nuove strade in cerca di applicazioni terapeutiche. Un lavoro enorme, quello che Karikò portava avanti, ma che non convinceva affatto chi all'Università della Pennsylvania erogava i fondi per la ricerca. L'unico a considerare il lavoro di Karikò era l'immunologo Drew Weissman, che allora lavorava sulle sentinelle del sistema immunitario, chiamate cellule dendritiche. Weissman si era accorto, infatti, che le cellule dendritiche riconoscevano l'mRna ottenuto con la trascrizione in vitro come una sostanza estranea all'organismo, ma c'erano ancora molti problemi da risolvere legati alla comparsa di infiammazioni. Così Karikó e Weissman pensarono di sostituire una delle quattro basi della molecola di Rna, l'uridina, con una pseudo-uridina. Le infiammazioni sparirono e i due ricercatori ebbero la certezza di trovarsi davanti a un risultato importante per future terapie.
I loro primi articoli, del 2005, rifiutati dalle principali riviste scientifiche, uscirono su Immunity; solo nel 2008 e nel 2010 le loro scoperte furono pubblicate, accendendo l'interesse della comunità scientifica. Proprio nel 2010, per esempio, la tecnologia dell'Rna messaggero cominciò a interessare molte aziende farmaceutiche e si cominciarono a studiare vaccini contro il virus Zika e la MersCov. Da lì al virus sarsCoV2 il passo è stato breve, tanto che i primi vaccini anti Covid-19 vennero approvati nel dicembre 2020 e di lì a poco inziarono le vaccinazioni di massa.
Era stata la mossa decisiva per tenere la pandemia sotto controllo, ma soprattutto era l'inizio di una nuova era della ricerca sui vaccini. La comunità scientifica aveva a disposizione una nuova piattaforma che avrebbe permesso di costruire vaccini contro molte altre malattie infettive, ma anche contro alcune forme di tumore. Si sta già studiando, per esempio, la possibilità di utilizzare l'mRna per indurre una risposta immunitaria contro il melanoma e una forma di cancro del pancreas. Risultati che, secondo gli esperti potrebbero arrivare entro 20 anni. Con i tumori, sono nel mirino delle future terapie a mRna anche malaria e tubercolosi. In tutti i casi, infatti, si tratta di dare alle cellule immunitarie nuove istruzioni contro nuovi nemici utilizzando l'Rna messaggero.
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