Una scoperta italiana mette il turbo alle terapie contro la Sma

Lascia tracce anche nel fegato e nel cervello, il gene responsabile dell'atrofia muscolare spinale, la malattia genetica rara che nella forma più grave provoca la paralisi, fino alla morte prematura dei bambini. La scoperta, italiana e pubblicata sulla rivista Communication Biology, apre alla possibilità di potenziare e personalizzare le attuali terapie contro la Sma.

Durata quattro anni, condotta su 33 pazienti pediatrici e in modelli animali, la ricerca è stata realizzata grazie alla collaborazione tra il Ceinge Biotecnologie Avanzate 'Franco Salvatore' di Napoli, le università della Campania 'Luigi Vanvitelli, di Napoli Federico II, di Salerno e Cagliari, e con l'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Parte dello studio è inoltre finanziata con fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nell'ambito del progetto Mnesys-a, sullo studio del sistema nervoso in condizioni di salute e nella malattia.

I ricercatori hanno scoperto che il gene responsabile dell'atrofia muscolare spinale ha effetti sul metabolismo degli aminoacidi del cervello e del fegato fin dai primi giorni dalla nascita. Incide inoltre sull'espressione degli enzimi che permettono la sintesi delle molecole che aiutano la comunicazione fra le cellule nervose, ossia i neurotrasmettitori. "E' un risultato importante, che da un lato fa pensare alla possibilità di stabilire nuovi biomarcatori per predire l'esordio della malattia", osserva l'ideatore del progetto, Alessandro Usiello, direttore del Laboratorio di Neuroscienze traslazionali del Ceinge e professore di Biochimica clinica dell'Università Vanvitelli. Dall'altro lato, prosegue, il risultato "suggerisce l'importanza della nutrizione per compensare i deficit metabolici causati dalla riduzione della proteina Smn", ossia la proteina prodotta dal gene Smn1 responsabile della malattia.

I test condotti sugli animali, prosegue Usiello, indicano inoltre che nella Sma "è presente una notevole alterazione metabolica di numerosi amminoacidi, accompagnati da una severa riduzione dei livelli del neurotrasmettitore noradrenalina, implicato anche nella regolazione dell'eccitazione delle cellule nervose, del loro metabolismo energetico e delle risposte infiammatorie". I risultati ottenuti osservando i topi utilizzati come modello della malattia "sono coerenti con quanto abbiamo riscontrato nel liquido cerebrospinale dei pazienti pediatrici", osserva Francesco Errico, del Ceinge e professore di Biochimica generale dell'Università Federico II, riferendosi ai bambini affetti dalla Sma1 ricoverati nell'ospedale Bambino Gesù".

Ottimisti i neurologi dell'ospedale pediatrico di Roma Enrico Bertini e Adele D'Amico, per i quali "i risultati della ricerca suggeriscono possibili approcci terapeutici e nutrizionali combinati e personalizzati, potenziando le terapie oggi disponibili".

© RIPRODUZIONE RISERVATA