Una formica aliena insidia le abitudini di caccia dei leoni

Un minuscolo nemico insidia il potente re della savana: e' la formica Pheidole megacephala, una specie aliena invasiva che 15 anni fa e' arrivata in Kenya mettendo progressivamente a soqquadro l'intero ecosistema fino a costringere i leoni a cambiare le loro abitudini di caccia per sopravvivere. Lo dimostrano 30 anni di ricerche condotte presso la riserva Ol Pejeta Conservancy, pubblicate sulla rivista Science dal gruppo di ricerca guidato dall'Universita' del Wyoming.

Per ricostruire la complessa rete di interazioni tra le specie che popolano l'ecosistema africano, i ricercatori hanno utilizzato fototrappole, collari monitorati dai satelliti e complessi modelli statistici. I dati raccolti in oltre 30 anni dimostrano che le formiche aliene, arrivate in sordina da un'isola dell'Oceano Indiano, hanno scatenato un devastante effetto domino.

Tutto e' cominciato con lo sterminio delle formiche autoctone, che nidificano negli alberi di acacia difendendoli dagli attacchi degli erbivori con morsi e produzione di acido formico. Venendo a mancare questi piccoli 'guardiani', gli alberi hanno iniziato a essere distrutti piu' facilmente da giraffe ed elefanti. In un paesaggio sempre piu' spoglio, i leoni si sono cosi' trovati a non avere piu' zone dove nascondersi per tendere gli agguati alle loro prede preferite, le zebre. Per rimediare, hanno dovuto cambiare obiettivo puntando i bufali, decisamente piu' difficili da cacciare. Dal 2003 al 2020, la percentuale di uccisioni di zebre da parte dei leoni e' scesa dal 67% al 42%, mentre la percentuale di uccisioni di bufali e' passata da zero al 42%.

Le formiche aliene stanno dunque "allentando i legami che tengono insieme l'ecosistema africano, determinando chi viene mangiato e dove", osservano i ricercatori. Lo studio dimostra dunque che "la conservazione degli ecosistemi non richiede solo di salvare le specie dall'estinzione, ma di salvaguardare le interazioni esistenti tra le specie", come sottolinea in un articolo di commento Kaitlyn M. Gaynor, ecologa dell'Universita' della British Columbia.

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