Un temporale si avvicina e si allontana in continuazione, senza tregua, alla torre di mattoni della Rocca. La intravedo sulla destra, immobile contro il cielo agitato, mentre mi avvicino al centro di Romano di Lombardia, in occasione di una domenica promossa dall’associazione «Pianura da Scoprire» di «Giornate dei castelli, palazzi e borghi medievali», che prevede un’ultima interessante visita guidata prima della pausa estiva. Per vedere la Rocca purtroppo dovrò aspettare il prossimo autunno, quando in occasione della stessa iniziativa riaprirà dopo i restauri. Questa attesa sarà necessaria per poter finalmente visitare i camminamenti, immaginandosi tra i soldati che difendevano la Rocca mentre il condottiero Bartolomeo Colleoni ne abitava le stanze.
Palazzo Rubini
Non poter accedere alla Rocca mi delude un po’, ma le storie che Romano di Lombardia ha da raccontare sono molte, a cavallo tra passato e presente. Una di queste storie è quella del tenore Giovanni Battista Rubini, che a Romano nacque nel 1794, visse, imparò l’arte del canto e morì a sessant’anni, dopo una carriera di successo che lo portò a calcare i principali palchi internazionali. La prima tappa della visita guidata è infatti il «Museo Giovan Battista Rubini», allestito dentro a quella che fu la sua signorile dimora a Romano di Lombardia per volontà testamentaria della moglie Adelaide Comelli nel 1872. Oltre all’istituzione della casa-museo, per volere di Rubini vennero costituiti anche un orfanotrofio maschile, una scuola e un ricovero per musicisti. Le spese vennero coperte con la vendita all’asta del prezioso «Tesoro Rubini», composto dai gioielli accumulati dai coniugi nel corso della loro vita.
Nella casa-museo sono presenti cimeli della carriera del tenore, ma i miei occhi vengono rapiti principalmente dalla bellezza delle stanze e in particolare dalla «Sala del Pirata», dove si trova anche un ritratto a figura intera di Rubini, un dipinto del pittore bergamasco Pietro Lucchini realizzato nel 1850. In questo ritratto, il tenore appare con la divisa di «Colonnello dei Musici di tutte le Russie», titolo concesso dallo Zar per via dei suoi successi sui palchi di Mosca e San Pietroburgo. Rubini era anche appassionato di paesaggi di città: le stampe da lui collezionate sono appese ordinatamente su una parete, ricordandomi una sorta di feed di Instagram d’altri tempi.
Usciti da Palazzo Rubini, la guida ci conduce alla Basilica di San Defendente Martire. Mi sorprende da subito il fatto che la Basilica si trova chiusa in un passaggio tra altre due chiese, la Chiesa Parrocchiale di S. Maria Assunta e San Giacomo Apostolo e la Chiesa della Beata Vergine di Lourdes. Quest’ultima, al momento è utilizzata dal vicino «M.A.C.S - Museo d’Arte e Cultura Sacra di Romano» come spazio per la toccante mostra di Ugo Riva dal titolo «Perché mi hai abbandonato?», visitabile fino al 30 luglio.
Il centro storico
Dopo una visita tra le opere molto suggestive della mostra, è tempo di entrare in Basilica che, a discapito della sua posizione un po’ nascosta, è splendida: l’interno è un tripudio di affreschi e ospita tra varie e importanti opere una «Santissima Trinità» di Enea Salmeggia, databile a inizio Seicento. La Basilica inoltre ha una storia particolare. L’edificio è stato infatti costruito distruggendo l’oratorio dedicato alla Maddalena che sorgeva nello stesso luogo, per una grazia ricevuta in seguito all’apparizione di San Defendente a un certo Tolotto da Stezzano durante una pestilenza. Proprio per mancanza di spazio, la Basilica ha solo una navata laterale, sulla sinistra, mentre alla sua destra sorge la Chiesa Parrocchiale, che ospita una «Ultima Cena» del Moroni per la quale vale la pena di entrare a dare un’occhiata.
Sulla piazza colorata e circondata dai tavoli dei bar che iniziano a richiamare piccoli gruppi di persone per l’aperitivo della domenica, si affacciano altri due edifici iconici di Romano di Lombardia. Sulla sinistra non si può evitare di notare Palazzo Muratori, detto anche «il mostro». L’edificio, un centro polifunzionale, è stato costruito nel 1995 con apparentemente poca attenzione non solo all’estetica, ma anche ai materiali di costruzione. Nel corso degli anni sono sorte in merito diverse polemiche, che hanno coinvolto addirittura l’opinione dello storico dell’arte Philippe Daverio.
Non sono tanto le forme moderne – che solitamente apprezzo molto – a disturbare, quanto forse il colore infelice e la netta mancanza di armonia con il resto degli edifici circostanti. Resta comunque un luogo interessante, che in ogni caso né estimatori né detrattori riescono ad ignorare. Credo che ogni abitante di Romano di Lombardia abbia un’opinione ben precisa di Palazzo Muratori, ma nessuno gli sia indifferente.
Sul lato opposto della piazza osservo invece un edificio molto diverso: è il Palazzo della Ragione, che fin dal XII secolo è spettatore del via e vai sulla piazza del paese. Sono certa che di cambiamenti ne deve aver visti parecchi. Sulla facciata di sassi e mattoni svetta il fiero leone di San Marco, con la zampa sul libro aperto a ricordarci della dominazione veneziana su queste zone.
Ancora oggi il Palazzo della Ragione è sede dell’amministrazione comunale e si poggia sui Portici della Misericordia, che proseguono lungo via Bartolomeo Colleoni: d’altra parte, fu proprio il condottiero a volerne la costruzione. Sotto i portici si tenevano le attività commerciali e ancora oggi, all’angolo che si affaccia con la piazza, si trova un banco di marmo bianco, sopra al quale pare che si vendesse il pesce. Le case sopra i portici invece erano dedicate agli abitanti meno abbienti del paese, il che spiegherebbe anche il nome della struttura.
Il «Cimitero della Gamba»
I portici terminano su Porta Brescia, che insieme alla guida oltrepasso per raggiungere il luogo che più mi ha affascinata durante il mio pomeriggio a Romano di Lombardia. Si tratta del vecchio cimitero, chiamato «Cimitero della Gamba». Come tutti i cimiteri è un luogo di immensa pace e tranquillità, ma in questo caso l’atmosfera raccolta e il misticismo degli epitaffi antichi lo rendono un posto ancora più speciale.
Il cimitero venne inaugurato nel 1776 e ha l’aspetto di una piccola chiesa a tre navate, ma senza un tetto a copertura. Tra le varie aggiunte architettoniche fatte nel corso dell’Ottocento ci fu anche quella della cappella dedicata a Rubini, con il mausoleo scolpito da Luigi Gerli. A partire dall’anno di costruzione del «Cimitero Nuovo» nel 1894, però, il «Cimitero della Gamba» iniziò un’epoca di declino, che fece sì che lo stesso mausoleo Rubini venne spostato nel nuovo camposanto in occasione del centenario della morte del tenore. Il «Cimitero della Gamba» continua ad essere considerato con affetto dai romanesi: fino a non troppi anni fa, i bambini che tardavano a camminare venivano portati a percorrere la croce di marmo posta sul pavimento centrale, per poi riuscirci.
In questo luogo dove il tempo non esiste, cancellato dall’eternità, è dolce e struggente allo stesso tempo prendersi qualche minuto per leggere gli epitaffi sulle pareti laterali. Vi si scovano storie troppo brevi e tristi, ma anche ricordi e omaggi più sereni, pur se avvolti dalla patina opaca del lutto.
La visita guidata finisce qui, proprio mentre il temporale che corteggia Romano di Lombardia fin dal mio arrivo decide di lasciar cadere una manciata di gocce sull’asfalto. Mentre lascio il paese, il pomeriggio è ormai tardo e il vociare che arriva dai locali in piazza si diffonde ovattato anche nelle vie circostanti. La pioggia sembra non destare alcuna preoccupazione, ma il Colleoni ci aveva visto giusto: i portici che circondano la piazza forniscono un ottimo riparo ai tavolini dei bar gremiti di persone e gli edifici colorati sembrano farsi beffe del grigio del cielo.