Libero. Forse non esiste aggettivo migliore per descrivere il jazz manouche o gipsy jazz, un genere che nasce come l’unione fra la musica tradizionale della popolazione gitana europea e il jazz americano. Quasi uno swing, ma più «sporco» e «colorato», libero appunto, come lo erano le popolazioni nomadi da cui trae ispirazione. Elaborato come il jazz e genuino come la strada, da cui lo stesso jazz trae origine.
Per questo motivo, Montisola è effettivamente un contesto perfetto per permettere agli amanti del genere di incontrarsi e riconoscersi. Gli elementi ci sono tutti: è un’isola, non troppo inflazionata dal turismo di lusso, ma abbastanza dolce da desiderare di scoprirla; è popolare e ricercata; è solitaria ma facilmente raggiungibile, tutti elementi in comune con la musica che la animerà per il prossimo fine settimana, dal 12 al 14 luglio.
L’occasione è la terza edizione di « Montisola Manouche », il raduno del jazz gitano che chiama a raccolta chiunque abbia una chitarra, una fisarmonica, un violino e la voglia di suonare insieme (o di ballare), improvvisando a ritmo gipsy.
Così come la tradizione da cui è nato, infatti, il gipsy jazz vanta schiere di appassionati in ogni angolo del mondo, musicisti di ogni ordine e grado pronti ad abbracciarne la filosofia e farsene portavoce. Una passione che ha anche le sue star e le proprie figure di devozione, prima fra tutte Django Reinhardt, considerato il padre del jazz manouche.
Nato in Belgio come giovanissimo banjoista, Django è rinato a Parigi come chitarrista, dopo che un incendio nel suo caravan gli ha portato via due dita, paralizzandole. Un disastroso incidente che lo ha lasciato in vita e non gli ha tolto nemmeno la voglia di suonare, tanto che il suo talento, la fantasia e la perseveranza lo hanno portato a inventare uno stile nuovo, una musica nuova, un modo di suonare la chitarra nonostante quella mano menomata. Anzi, proprio grazie a quella, che è diventata la caratteristica che lo ha reso unico, consacrandone la libertà: quella di rifiutare un destino segnato e ridisegnare le proprie sorti.
Una terza edizione itinerante
«Sono sincero, non so mai cosa aspettarmi da questo raduno, le variabili sono tantissime: il tempo, il fatto che lo organizziamo in due, i musicisti che verranno… In ogni caso, ciò che conta è la musica». A parlare è Giacomo Cattalini, organizzatore di «Montisola Manouche», un appuntamento che, ormai è chiaro, è da sentire col cuore ancora prima che con le orecchie.
«Iniziamo con i Mia Tat Gipsy, band bresciana (di cui fa parte anche Cattalini, ndr) che si esibirà venerdì 12 luglio e che ospita per l’occasione il vibrafonista Olmo Chittò». Proprio loro avranno il compito di omaggiare in musica il mito di Django Reinhardt, rivisitando i suoi classici in un concerto che apre ufficialmente il raduno, a partire dalle 21.
Le location dei concerti sono diverse perché, come sottolinea Cattalini, «l’occasione è anche quella di scoprire Montisola, i suoi locali, i luoghi che la rendono così bella e particolare». Se il concerto del venerdì si tiene al Bubble bar, infatti, sabato 13 luglio ci sarà l’esibizione del Tazio Forte quartet, in programma alla pizzeria L’isola a partire dalle 21. «Anche con questo quartetto l’idea è quella di stimolare un incontro, nello specifico quello tra un pianista di formazione classica come Tazio Forte, che diventa negli anni un fisarmonicista appassionato al jazz manouche e alle musiche tradizionali sudamericane, con i due chitarristi manouche Francesco Greppi e Tobia Davico e il contrabbassista Davide Ritelli, con i quali nasce il sodalizio musicale che presentiamo a Montisola» spiega Cattalini.
Questa voglia di sperimentare e mescolare generi caratterizza tutta questa edizione del raduno che si concluderà domenica 14 luglio dove, al bar chiosco Le Ere, dalle 19.30 andrà in scena la Mirko Casadei POPular Folk Orchestra che ospita il chitarrista e compositore Filippo Dall’Asta. Il concerto è in collaborazione con il world music festival «Balamondo». «Nell’anno delle celebrazioni dei 70 anni di “Romagna mia”, abbiamo pensato che questo connubio fra due tradizioni così importanti come il liscio e il gipsy jazz fosse perfettamente in linea con lo spirito della rassegna» conclude Cattalini.
La dimensione manouche
«Già prendere la barca per raggiungere i luoghi del raduno ti dà il senso del distacco – spiega Giacomo Cattalini – è un passaggio rituale che precede il clima di raccoglimento che si trova sull’isola, quasi come fosse un tempo sospeso dove per tre giorni regna la musica».
Non solo concerti. I raduni sono dislocati in diversi punti di Montisola. In particolare, venerdì 12 luglio dalle 14 alle 18 al Blue Lake, nella spiaggia pubblica di Carzano; sabato 13 luglio negli stessi orari ci si trova in località Sensole; mentre domenica 14 luglio l’appuntamento è dalle 13 per la matinée manouche al bar La Spiaggetta. In questo caso l’invito degli organizzatori è inequivocabile: «Venite, con le vostre chitarre, con i violini, con gli strumenti tipici di questo genere e suonate insieme».
Durante tutto il fine settimana i trasporti sono garantiti da e per l’isola per tutta la giornata. Dopo mezzanotte è attivo il servizio a chiamata, in questo caso solo sulle tratte Sulzano-Peschiera Maraglio e Sale Marasino-Carzano. Orari e info qui. Il programma dettagliato del festival, invece, è qui.