Scegliamo di partire da Serina, cuore pulsante della vallata, per rendere l’itinerario più completo sia culturalmente che paesaggisticamente. Serina deve il nome all’omonimo torrente che, come il fiume Serio, si rifà alla radice indoeuropea ser, cioè flusso, con l’aggiunta del diminutivo per indicare un piccolo flusso. In effetti il Serina, nonostante l’alveo profondo e roccioso, è un torrente che ha ridotta portata d’acqua, nulla in confronto alla potenza del Brembo in cui va a tuffarsi più a valle, presso il ponte del Tiolo in Ambria (Zogno).
La prima fonte storica che cita Serina risale al XII secolo anche se è presumibile che esistessero insediamenti abitativi precedenti considerata la vicinanza con Dossena, centro minerario sfruttato fin dai tempi degli antichi romani. Il periodo di massimo fulgore si ebbe sotto la dominazione veneta (dal 1434 al 1797), soprattutto per lo sviluppo dei traffici lungo la via Mercatorum. Serina divenne il capoluogo della Valle Brembana superiore e i legami con la Serenissima divennero molto stretti al punto che parecchi abitanti (e artisti) si trasferirono in laguna. A ricordo di questa epoca di benessere generale restano numerose e importanti testimonianze, fra cui la casa del Vicario, le fontane venete e numerose opere d’arte.
Serina vanta tre casati prestigiosi con figli altrettanto illustri: i Valle (tra cui il pittore Jacopo Valle Nigretti, detto Palma il Vecchio, e suo nipote Palma il Giovane), i Carrara (con il conte Giacomo Carrara, insigne uomo di cultura che donò alla città di Bergamo una vastissima raccolta artistica fondando una delle più importanti pinacoteche d’Italia: l’Accademia Carrara) e i Tiraboschi (tra cui l’abate Gerolamo Tiraboschi, professore di Storia e Filosofia unanimemente riconosciuto come il maggior storico della letteratura italiana del Settecento).
Serina era principalmente dedita al commercio dei panni di lana, ma come racconta il Maironi da Ponte: «Dopo la costruzione dei porti di Sedrina, questo villaggio ha diminuita la sua influenza nel commercio delle pannine, perché i commercianti di Oltre la Goggia (ndr l’alta valle Brembana), che prima quivi si portavano, pei negozj, si sono rivolti alla città per comodo maggiore». Molto probabilmente “porti” è un errore di stampa e da intendersi con “ponti”. È interessante anche questa sua descrizione: «È pur noto questo paese per la fabbricazione delle Lumi di varie forme, nella quale stanno impiegati più di trenta artefici; e questo genere di mercanzia si spaccia segnatamente sulle piazze di Brescia, Verona, Venezia, Torino, e Sinigaglia». La vocazione luminaria di Serina era a me sconosciuta.
Decidiamo di partire dal posteggio a inizio paese (740m), dove una volta c’era la storica discoteca Snoopy, per intraprendere la prima parte di cammino lungo il percorso della via Mercatorum. Attraversare a piedi Serina per la via centrale è assai suggestivo: da Sud a Nord tra chiese, palazzi e fontane è un crescendo di emozioni per l’occhio curioso. Non mancano botteghe con prodotti locali e golose pasticcerie…
Contavo di rifornirmi d’acqua in una delle splendide fontane che caratterizzano il paese ma, in ottobre, sono tutte chiuse tranne una, quella nella parte alta del paese. Peccato, si perde molto dell’incanto del luogo! Giunti in cima al paese abbandoniamo la via Mercatorum e ci immettiamo sulla strada provinciale che seguiamo per un breve tratto, fino alla deviazione per il sentiero H01A (cartello segnalatore). Scendiamo ad attraversare il torrente Serina, insolitamente gonfio d’acqua, per poi risalire sulla provinciale all’altezza del campo da calcio. Dobbiamo seguire ancora la strada provinciale per quattrocento metri circa fino al termine di un curvone dove ha inizio la “strada vecchia”, secolare via di collegamento con Valpiana e Oltre il Colle (segnavia H01A).
La stradella costeggia il torrente addentrandosi nel bosco che inizia a sfoggiare i colori autunnali. Saliamo senza affanno fino a sbucare nei pressi del posteggio in località Valpiana (1010m), frazione di Serina. Seguiamo sempre le indicazioni del sentiero H01A che ci porta ad attraversare la provinciale per imboccare via monte Castello. Seguiamo la via fino all’inizio del sentiero vero e proprio. Dopo aver costeggiato un pollaio con galline da esposizione, si rientra nel bosco. In breve raggiungiamo un casello, accolti dai canti dei tordi, già in fermento per la giornata di caccia dell’indomani. Qui si trova il bivio (1040m) per il monte Castello, ben indicato da un cartello di legno. La musica cambia e le pendenze si fanno progressivamente più sostenute. Si segue la dorsale meridionale del monte Castello tra radure che regalano scorci superlativi su Serina e anfratti rocciosi che celano piccole grotte carsiche. Il profumo dei funghi solletica il nostro olfatto ma allontanarsi dal sentiero non è consigliabile. Sono quattrocento metri belli intensi che affossano la verve istrionica di Raffaello, new entry del gruppo, mentre il mitico Kalz, prodigo di battute, vivacizza l’atmosfera: che bello affrontare le fatiche con il sorriso!
In meno di un’ora raggiungiamo la croce di Valpiana (1439m), un terrazzino panoramico sull’Alben e la val Serina. Dopo aver firmato il quaderno di vetta propongo ai più arditi del gruppo la breve prosecuzione alla cima del monte Castello. Questo tratto è classificato per escursionisti esperti poiché prevede alcuni passaggi su facili roccette. Una vipera, con aria infreddolita e dimessa, si defila lentamente al nostro passaggio. Sulla cima (1481m) non c’è la croce ma una piantana di ferro con tanti mirini, ciascuno puntato verso i monti circostanti. Il panorama è più vasto e completo anche se le nubi ricoprono ancora i monti al di sopra dei 1800m. L’affaccio sulla val Parina è molto wild. Contenti della conquista del monte Castello iniziamo il ritorno per la medesima via dell’andata, fino a Valpiana.
Qui ci concediamo una deviazione per le vie del borgo che, in alcuni angoli, conserva ancora l’aspetto rurale di un tempo. Superata la chiesa e attraversata la provinciale, imbocchiamo via Belvedere e poi via famiglia Longaretti dove ritroviamo i cartelli bianco-rossi (sentiero H09) che ci guideranno a Serina. Mi concedo una piccola sortita (sulla strada per Oltre il Colle) per curiosare il “Ristoro”, antico luogo di sosta per i viandanti diretti al colle di Zambla. Alcuni affreschi sono ancora osservabili al suo interno, sebbene le varie ristrutturazioni ne abbiano modificato l’aspetto originale.
La via Longaretti culmina nelle vicinanze dello splendido roccolo di Valpiana, pregevole testimonianza di architettura montana, con vista impagabile sui monti Menna e Arera, finalmente visibili grazie al dissolvimento delle nubi. Proseguiamo il cammino sfiorando alcune splendide cascine sparse tra simpatici cocuzzoli erbosi. Giungiamo così alla cà di Zöcc (1079m), ameno casolare alle pendici dell’Alben immerso nel verde. Questa struttura un tempo ospitava il centro fondo di Valpiana, fucina di campioni del Biathlon, mentre oggi è stata convertita in ristorante (aperto in autunno solo la domenica a pranzo).
Scambiamo due parole con il titolare rievocando i tempi in cui la neve cadeva copiosa e la pista richiamava numerosi fondisti. Parlando del più e del meno ci ritroviamo a discorrere di fauna del territorio: «quarant’anni fa abbondava la “penna” mentre scarseggiavano gli ungulati; oggi è esattamente il contrario, forse per l’innalzamento delle temperature, ma è proprio così». In effetti, girovagando per le Orobie, capita spesso di imbattersi in cervi, caprioli, camosci e stambecchi mentre avvistare l’avifauna è sempre più un privilegio. Riguardo al toponimo molto originale, con tono quasi dispiaciuto, risponde: «zöcc in bergamasco dovrebbe essere il plurale di gioco, ma nessuno tra gli anziani e nemmeno in comune è riuscito a dirmi se questa fosse una zona di svago o qualcos’altro».
Dalla cà di Zöcc ci incamminiamo verso Serina sul sentiero H09. È una gradevole discesa nel bosco fitto che lambisce alcune sorgenti sfruttate dagli acquedotti del paese e raggiunge le case alte del paese. Ci abbassiamo di quota tornando nel cuore di Serina per ripercorrere la via Mercatorum con le ultime luci del giorno.
Una volta giunto a casa, scarico la traccia del percorso e noto, con grande sorpresa, che la cima che abbiamo salito è indicata come cima di Valpiana. Approfondisco la cosa e noto che le principali app escursionistiche e alcune carte topografiche riportano il monte Castello più a Ovest, lungo la cresta che conduce al monte Vaccareggio. Alcune domande giungono legittime: «Come mai i cartelli e i report trovati in Internet descrivono questa come cima del monte Castello? Perché nessuno parla della cima di Valpiana? Abbiamo salito il monte Castello o la cima di Valpiana? Scioglierò il dilemma alla prossima scorribanda in Valserina.
P.S. l’itinerario qui descritto è lungo 12km con 850m di dislivello positivo. Calcolare quattro orette di cammino.
(Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli)