Tutti conoscono e ammirano la Pietra Serena e la Pietra Forte, le arenarie grigie con cui a Firenze si è costruito tutto: strade, mura, palazzi, chiese, ponti. Apprezzata da Michelangelo che la utilizzò per la famosissima scala della biblioteca laurenziana a Firenze, e ancora oggi pietra conosciuta in tutto il mondo come una delle arenarie grigie più eleganti e versatili – come dimostra lo splendido Museo Etrusco recentemente inaugurato a Milano – la Pietra Serena soprattutto è tra le pietre ornamentali italiane più note al mondo. Compatta, omogenea, massiva, con la grana fine e regolare della sabbia che la costituisce, la Pietra Serena è la pietra di Firenze. Estratta dalle colline di Fiesole fin dai tempi degli Etruschi, prende il nome dal suo colore grigio con sfumature azzurre come quelle che ha il cielo quando è sereno.
Così come Firenze ha la sua pietra nella Pietra Serena, Bergamo ha la sua pietra nella nostra Arenaria di Sarnico, che si contraddistingue per i medesimi caratteri estetici, prestazionali e di gradevolezza della Pietra Serena. Una schietta somiglianza già nota in passato. Il grande architetto Vincenzo Scamozzi, infatti, nel suo trattato «L’idea dell’architettura universale» pubblicato nel 1615, parla non solo del nostro nobile marmo bianco di Zandobbio, ma anche dell’Arenaria di Sarnico: «Hanno parimente altre pietre forti di colore endeghino chiaro, ò come la Serena di Fiorenza, per non dir celeste, le quali non sono da paragonare alle sudette marmorine: di queste se ne seruono communemente nelle fabriche».
Il pregio dell’Arenaria di Sarnico come pietra da costruzione (“da fabrica”) o da decorazione è perfettamente leggibile nel tessuto litico di città alta e di città bassa. Il suo utilizzo infatti è molto diffuso: dalle pietre perfettamente squadrate per le murature di maggior pregio, come quelle del Palazzo della Ragione o della Chiesa di Sant’Agostino e dell’omonima Porta, agli elementi monolitici per fusti di colonne, trabeazioni, portali, contorni di finestre, dalle copertine e dai robusti redondoni delle mura venete alle spesse lastre da pavimentazione, agli elementi decorativi e scultorei, finemente cesellati, dei capitelli e dei conci dei palazzi più importanti e blasonati del centro storico e degli insediamenti sul territorio.
Il nome dell’Arenaria di Sarnico è legato al luogo dove affiora la serie completa della formazione geologica dell’Arenaria di Sarnico e dove, soprattutto nel XIX secolo e fino alla prima metà del secolo scorso, si coltivava su più siti, fino ad una decina, un esteso giacimento oggi non più attivo, ma ancora ben visibile alle spalle dell’abitato. Nel XIX secolo a Sarnico l’estrazione ammontava a decine di migliaia di metri cubi ogni anno grazie alla manodopera di centinaia di addetti alla coltivazione e lavorazione, specializzati nelle varie attività: cavatori, segatori, lisciatori, scalpellini.
Molte caratteristiche hanno felicemente contribuito alla diffusione dell’Arenaria di Sarnico: innanzitutto il suo facile reperimento e la disponibilità degli affioramenti, allineati lungo la fascia delle colline tra Brianza e Franciacorta e, particolarmente, sui colli di Bergamo, dove ancora oggi, nei pressi di Castagneta e della Madonna della Castagna/Sombreno, a Pontida e Mapello, si possono leggere su alcuni affioramenti le tracce delle antiche attività di escavazione. Il giacimento di Sarnico, inoltre, ha goduto dal 1875 della linea ferroviaria Paratico-Palazzolo sull’Oglio per il trasporto ad ampio raggio, nel bacino padano e anche nel centro Italia, dei rinomati manufatti.
Accanto alla reperibilità, le caratteristiche estetiche, prestazionali e l’ottima lavorabilità sono state e sono tuttora la chiave del successo di questa pietra: il suo elegante colore grigio-azzurro, la sua composizione arenacea molto omogenea, con una granulometria dei grani intorno ai 2 mm, gli strati massicci, compatti e di grande spessore, pari a 5-6 metri e oltre, da cui è possibile ricavare elementi monolitici di grandi dimensioni, e infine la versatilità di lavorazione: a taglio, a scalpello, a cesello, a spaccatello. Cretacea ma di qualche decina di milioni d’anni più “vecchia” dell’Arenaria di Credaro, con cui condivide il contesto genetico legato alle frane sottomarine innescate dall’intensa attività tettonica correlata alle spinte compressive per la formazione della catena alpina, ha una composizione più ricca in quarzo e silicati.
Oggi l’unico giacimento di Arenaria di Sarnico in coltivazione si trova nel comune di Gandosso. L’ammasso roccioso, compatto e con bancate massicce, viene coltivato a cielo aperto con mezzi meccanici e filo diamantato. Si estraggono blocchi da telaio e la pietra si presta ad essere lavorata prevalentemente a taglio, con spessori e finiture a progetto, ma anche con finiture rustiche come la fiammatura, la rigatura, la sabbiatura e finiture tradizionali come la bocciardatura, la spuntatura e la sbozzatura.
Grazie alle lavorazioni meccanizzate e integrate con le moderne tecnologie, l’Arenaria di Sarnico ha trovato nuovi contesti di utilizzo, compresi i prodotti destinati all’utilizzo per interni. Continua anche oggi la tradizionale lavorazione a mano degli scalpellini, che con punta e scalpello sagomano i tipici conci artigianali, sempre apprezzatissimi in esterno anche per l’architettura moderna.
L’eccellente durabilità dell’Arenaria di Sarnico è ben testimoniata dagli impieghi storici ma anche da realizzazioni moderne, come ad esempio la nuova pavimentazione di Piazza Carrara, davanti all’omonima Accademia, scelta da un gruppo di progettisti fiorentini a richiamo della stessa Arenaria di Sarnico impiegata a suo tempo per la realizzazione dell’edificio dell’Accademia Carrara. La pavimentazione è stata realizzata nel 2019 con tecniche di posa innovative per meglio sopportare le sollecitazioni del traffico veicolare in discesa: un felice mix di saperi antichi e tecnologie moderne per il futuro di una pietra dalla robusta tradizione millenaria.
Così come la Pietra di Credaro, anche l’Arenaria di Sarnico spazia oggi dall’edilizia residenziale di pregio al restauro storico, soprattutto per le costruzioni storiche di Città Alta, mura comprese. E le mura veneziane di Bergamo sono davvero una realizzazione e una referenza speciale: riconosciute nel 2017 dall’UNESCO «Patrimonio dell’umanità», in quanto appartenenti al sito seriale transnazionale «Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar occidentale», devono alla materia con cui sono costruite, cioè prevalentemente al «Flysch» di Bergamo, all’Arenaria di Sarnico e al “marmo” di Zandobbio la loro longevità e la loro conservazione in piena efficienza. Quindi, oltre a tutti i suoi pregi estetici e tecnico-applicativi, l’Arenaria di Sarnico è anche una candidata ideale per il riconoscimento di «Pietra del patrimonio mondiale UNESCO».