Ritornare con la mente alla Grecia antica e raccontare le gesta degli atleti che hanno animato i Giochi Olimpici ha stuzzicato la mia curiosità escursionistica. Così in una serata di luglio ecco precipitarsi nella mente la domanda: «Perché non provare a raggiungere la cima del monte Olimpo, mitica dimora degli dei?».
Inizio a raccogliere informazioni nel web che si rivelano piuttosto contrastanti: c’è chi la presenta come una ascesa molto impegnativa con difficoltà alpinistiche tali da rendere indispensabile l’accompagnamento di una guida e chi, invece, la descrive come una gita che richiede solo assenza di vertigini. Una cosa, da subito, giunge chiara: nel finale ci sono tratti di roccia, ma quanto siano complicati non si riesce a comprendere. Coinvolgo Sabrina nel progetto e decidiamo di tentare, al massimo, se risulta troppo difficile, si può sempre tornare indietro.
Il monte Olimpo è all’interno di un parco nazionale istituito nel 1938 ricco di vegetazione e fauna selvatica. È situato nel nord del paese tra Macedonia e Tessaglia, a pochi passi dal mare. Le immagini trovate sul web affascinano non poco.
Prenotiamo un volo low cost infrasettimanale su Salonicco e il noleggio auto. A luglio i prezzi sono ancora sorprendentemente bassi così decidiamo di aggiungere cinque giorni di mare nella penisola di Sithonia. Base operativa per il monte Olimpo è la cittadina di Litochoro, a un’ora e mezza dall’aeroporto di Salonicco.
Nel frattempo continuo la ricerca di informazioni sull’Olimpo: l’escursione è lunga (circa 20km) con un dislivello di tutto rispetto (2000m). Si parte dalla località Prionia (1100m), a venti minuti d’auto da Litochoro, dove non esistono case ma solo due bar per turisti. La stragrande maggioranza degli escursionisti fa tappa intermedia presso il rifugio Spilio Agapitos a 2100m per poi attaccare la vetta il giorno successivo.
Leggendo le varie descrizioni si comprendono altre tre cose fondamentali: la quota dell’Olimpo (2917m) e la sua vicinanza al mare fanno sì che d’estate già verso le 9 di mattina la cima si copra di nubi; nel rifugio si dorme in stanzoni e i concerti “ronfatori” impediscono un sonno riposante; la colazione viene servita a partire dalle ore 6 e questo significa iniziare a camminare non prima delle 6 e mezza, un po’ troppo tardi per evitare le nubi; il tratto finale di ascesa prevede alcuni passaggi su sfasciumi con il rischio di far partire sassi (o di prendere sassi in testa). Alla luce di tutto ciò decidiamo di fare la gita in un solo giorno, con zaini superleggeri ed evitando il pernotto in rifugio. Partiremo molto presto la mattina in modo da anticipare quelli che dormono in rifugio riducendo così il rischio sassi.
Litochoro offre numerose possibilità di alloggio, scegliamo una stanza con bagno; andare in albergo non avrebbe molto senso considerando la levataccia.
Giungiamo in paese nel pomeriggio e, dopo aver preso possesso dell’alloggio, saliamo a Prionia a prendere un po’ di fresco e a studiare la situazione per non fare errori all’indomani, al buio. Alla partenza c’è un grande parcheggio con una fontana freschissima. Il sentiero è una mulattiera molto evidente contraddistinta dal segnavia A4: è impossibile sbagliare.
Poco prima di Prionia consiglio una breve deviazione al vecchio monastero di Agios Dionisios, costruito nel XVI secolo e parzialmente distrutto da un bombardamento tedesco nella Seconda Guerra Mondiale.
Immerso nel verde e lontano da ogni forma di civiltà, ha un fascino particolare: non c’è nessuno ma all’interno della chiesa si sentono ancora i profumi delle candele spente da poco; sotto un porticato spiccano alcune panche con tavolini addobbati come per ospitare una festa e all’interno del grande refettorio ci sono sedie e tavoli pronti ad accogliere i pellegrini. Su un ripiano nella stanza accanto al refettorio notiamo un tozzo di pane e del formaggio, appositamente lasciati per sfamare gli avventori, eppure non si vede anima viva. Il formaggio ha un bell’aspetto e il profumo induce in tentazione… scelgo tuttavia di lasciarlo ai pellegrini che salgono a piedi fin qui dal paese.
Il monastero sorge in prossimità di uno scrosciante torrente. Il mio istinto “puciatorio” ci guida presso il fiume che si presenta con uno spettacolo: pozze d’acqua freschissima e cascatelle invitanti. Questione di un attimo e… splash! Memorizzo il sentiero perché torneremo domani per rigenerarci dopo le fatiche.
All’indomani sveglia alle 3 (!) per raggiungere Prionia e iniziare a camminare alle 4. La strada sale nel bosco e in due occasioni avvistiamo splendidi caprioli sfuggire alla luce dei fari. Poco prima di giungere al posteggio ecco un imprevisto: una carovana di venti muli marcia veloce in direzione del sentiero. Sono sicuramente diretti al rifugio!
Per chi non lo sapesse i muli camminano molto lesti, superarli è un problema ma rimanere dietro è un problema ancora più grande data la facilità con cui lasciano i loro ricordi sul cammino (difficilmente identificabili al buio…). Così, manco fossimo in gara, ci ritroviamo a procedere a passo spedito nel tentativo di anticipare i muli. Dopo venti minuti sentiamo i muli ancora subito dietro di noi. Sabri con tono quasi indispettito: «Cavoli, che viaggiare… sono davvero muli olimpici!» e così aumentiamo l’andatura. Finalmente dopo un’ora di spinte riusciamo a staccarli, ma è stata dura.
L’aria è fresca, gradevolissima, e in cielo le stelle iniziano a lasciare il posto alle luci dell’alba: possiamo spegnere le torce frontali. In poco meno di due ore giungiamo al rifugio, in concomitanza con il risveglio del rifugista che ci saluta, stupito, nel vedere escursionisti già sul posto. Grazie al forcing dei muli siamo in deciso anticipo sulla tabella di marcia. Ci troviamo a quota 2100 ma il bosco domina ancora il paesaggio, un fatto piuttosto insolito se penso alle nostre Orobie.
La vegetazione ci accompagna fino oltre i 2200m dopo di che solo ciuffi d’erba e rocce. Dal rifugio la salita diviene più decisa, ma le fatiche sono ben ricompensate dai panorami sempre più ampi: in lontananza il sole sorge dal mare regalando un’emozione unica. Una panchina di pietra in posizione strategica invita ad una sosta contemplativa. Si iniziano ad incontrare alcune deviazioni ben segnalate ma a guidarci sono sempre i segnavia A4.
Bisogna sapere che l’Olimpo è un territorio montuoso molto vasto costituito da ben 52 cime. D’altra parte per ospitare tutti gli dei e i loro capricci era necessario molto spazio. La sommità più maestosa è il Mitikas, massiccio “dolomitico”, che con i suoi 2917m rappresenta la vetta più alta di tutta la Grecia.
L’Olimpo nell’antichità era considerata la montagna sacra degli dei ed era un territorio inaccessibile per l’essere umano. La sensazione che ancor oggi i greci nutrano un timore reverenziale verso questa montagna lo si percepisce dal fatto che non esistono insediamenti in quota. Non ci sono strade, malghe né baite eppure abbiamo visto le mucche pascolare fino a 2700m, ma sono mucche da carne portate quassù ad “ossigenarsi”. Le uniche costruzioni presenti sul territorio sono tre rifugi, posti in posizione strategica per consentire bellissime escursioni in un ambiente di grande valore naturalistico.
Giunti a quota 2500m inizia una lunga ed erta diagonale ghiaiosa che conduce a cima Skala (2882m). Qui si conclude la parte escursionistica dell’ascesa. I panorami sono strepitosi e di fronte a noi si staglia, inconfondibile, la cima del Mitikas, severa e affascinante. Si intuisce che non sarà un’ascesa semplice ma decidiamo di procedere.
La maggior parte degli escursionisti si ferma qui, concedendosi al massimo il prolungamento sul facile crinale Ovest fino alla dirimpettaia cima Skolio (2911m), che rappresenta la seconda cima dell’Olimpo.
A guidarci sono ora dei bolli gialli posizionati sulle rocce calcaree a breve distanza uno dall’altro, utilissimi in caso di nebbia. Questo tratto viene chiamato Kakoskala, di pessimo auspicio visto il significato di kakòs («cattivo») in greco. Tra roccette e passaggi un poco esposti ci si abbassa di quota per circa 100m per compiere poi un traverso su sfasciumi che adducono ad un ampio canale detritico. Questo tratto non è molto esposto ma qui possono partire i sassi. Fortunatamente siamo soli e non si scorge nessuno nelle vicinanze.
Risalito il canale, quando pensi di essere giunto in cima, ecco la sorpresa: la vetta è più in là, occorre ancora fare una discesa ed una risalita. Un paio di corde metalliche agevolano alcuni passaggi delicati fino ad un intaglio da cui si apre un baratro profondissimo che conserva ancora neve. L’ultimo tratto risale alcune facili roccette fino alla vetta. Bisogna sapere che in Grecia la sommità dei monti non è contraddistinta da una croce ma da una bandiera nazionale.
L’emozione è incontenibile, la gioia dell’abbraccio a Zeus è accresciuta dallo strepitoso panorama, degno della dimora degli dei. Il cielo terso, l’aria frizzante, il mare in lontananza e gli orizzonti infiniti verso la Grecia continentale sono spettacolari.
Dopo pochi minuti, ecco sbucare dalla cresta Est una cordata: sono tre giovani alpinisti greci al seguito di una guida che hanno affrontato una via di roccia aperta nel 1934 dal grande alpinista Emilio Comici. Ci scambiamo i clic di rito.
Sono le 8, dopo esserci abbondantemente rifocillati decidiamo di prendere la via del ritorno per evitare nebbie e sassi in testa. Contrariamente al solito il ritorno è più semplice dell’andata perché i tratti impegnativi ora vengono affrontati in salita. In mezzoretta siamo di nuovo sulla cima Skala. Iniziano ad arrivare i primi escursionisti partiti dal rifugio, mentre più in basso, sono molti di più. Si ritroveranno tutti insieme ad affrontare il canale sassoso… meno male abbiamo giocato d’anticipo!
Il ritorno fino al rifugio è molto divertente e panoramico, e ci concediamo due coche per scambiare alcune parole con il gestore. Gli chiedo che fine hanno fatto i muli incontrati in salita: ebbene, alle sei e un quarto erano già al rifugio (solo mezzora più di noi) e dopo aver scaricato sono ripartiti subito per il fondovalle. I muli rappresentano l’unico modo per trasportare materiale, metodo ecologico, sostenibile ed economico. Nel frattempo sul Mitikas sono arrivate le nuvole a confermare la correttezza delle nostre scelte.
La discesa fino a Prionia è piuttosto monotona e lunga, sono vivamente consigliati i bastoncini e succulenti argomenti di conversazione. Con la luce riusciamo a cogliere le varietà arboree che stamattina era impossibile ammirare: alle quote più alte spicca, elegantissimo, il pino loricato dei Balcani con alcuni pini neri a fargli compagnia. Abbassandosi di quota iniziano i faggi e le querce. Nelle vicinanze di Prionia si notano cedri, lentischi e lecci.
Le gambe sono decisamente affaticate, è indispensabile una “puciatina” nel torrente del monastero. L’acqua è “stinca” ma assai terapeutica e rigenerativa. Coroniamo la giornata con un succulento pranzo in una taberna di Litochoro. Giornata superlativa e domani si va al mare!
P.S. l’escursione è lunga complessivamente 19km con 2000m di dislivello. Farla in giornata richiede un ottimo livello di preparazione. L’ascesa finale al Mitikas richiede un’oretta di progressione su roccia con difficoltà di I grado e alcuni passaggi di II grado, leggermente esposti. Naturalmente la consiglio solo a chi ha buona esperienza alpinistica. Il Mitikas indubbiamente rappresenta l’ascesa più prestigiosa ma in zona esistono numerose altre escursioni, meno impegnative ma altrettanto appaganti.
A Litochoro, nelle vicinanze della piazza principale, c’è un negozio di articoli di montagna ben attrezzato dove è possibile noleggiare bastoncini, caschi, imbraghi e tutto l’occorrente per effettuare l’ascesa in totale sicurezza (compreso l’accompagnamento di una guida alpina).
P.P.S. Nelle vicinanze di Litochoro sorge il sito archeologico di Dion, luogo prediletto di Alessandro il Grande. Le spiagge nelle vicinanze non oserei definirle interessanti, meglio spostarsi nella penisola Calcidica, a un paio d’ore d’auto da qui.
(Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli)