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Il problema di settembre è che inizia a ottobre, almeno per noi genitori

Articolo. Settembre: le prime piogge, l’aria che rinfresca, i bambini che tornano a scuola. Ma non è esattamente così, perché i bambini tornano alla «normalità» se va bene a fine mese. E nel frattempo i genitori si arrangiano, come sempre.

Lettura 3 min.

L’altro giorno ero alla riunione per l’inserimento di mia figlia alla scuola dell’infanzia. Le maestre ci stavano descrivendo le varie attività di accoglienza predisposte, che prevedono tutte la presenza del genitore per i primi giorni. Una madre - che si è presa un mese di maternità facoltativa dal lavoro per seguire l’ingresso a scuola – alza la mano e chiede: «Devo fare l’inserimento anche di mio figlio più piccolo al nido e gli orari si sovrappongono, possiamo trovare una formula più flessibile?». Le hanno domandato se non potesse mandare con l’altro figlio qualcun altro: il papà, la nonna, la babysitter.

L’ambientamento all’asilo

Che fatica. Neanche una madre con la possibilità di prendersi la maternità facoltativa è messa in condizione di badare ai suoi due figli. Io stessa, anche solo per poter partecipare alla riunione dell’inserimento (riunione che si tiene nel primo pomeriggio, in quello che per la maggior parte delle persone è orario lavorativo), ho dovuto trovare il modo di assentarmi e di piazzare i bambini da qualche parte. Mai come in questo periodo ringrazio una situazione lavorativa caotica e precaria, ma che perlomeno mi consente di / non dovere prendere due o tre settimane di permesso perché devo fare l’ambientamento all’asilo.

Vi ho già raccontato com’era andato l’ambientamento al nido, ma questo giro di giostra è ancora più surreale. Mia figlia è un piccolo caterpillar, che una domenica di fine agosto, mentre faceva colazione, mi ha detto testualmente: «Oggi andiamo a scuola? Sono impaziente di vedere la scuola nuova». Purtroppo non ci andrà a tempo pieno prima del 23 settembre. Abbiamo cominciato con due giorni da due ore l’uno, in presenza dell’adulto di riferimento. Poi una settimana da lunedì a giovedì facendo questo sadico orario: 9.30-11.45. Poi una settimana solo di mattina. Questa è la regola. Noi ce la caviamo, faticando sempre come muli, perché abbiamo orari di lavoro flessibili. Altri se la cavano affidandosi ai nonni. Ma un genitore che deve timbrare il cartellino alle 9 come fa? Deve giocarsi le ferie estive per fare l’inserimento all’asilo? Assume una tata per mandare i figli a scuola?

Le cattedre scoperte

L’inserimento all’asilo arriva dopo un’estate lunghissima, la prima dove ho sperimentato i 3 mesi di vacanza che fanno i bambini della scuola dell’obbligo, dato che mio figlio più grande ha finito la prima elementare. Un’estate di centri ricreativi, vacanze forzatamente in agosto, bambini tenuti davanti alla tv mentre i genitori sono in call. E siamo fortunati, perché (incrociando le dita) le maestre di mio figlio sono tutte di ruolo e dovrebbe cominciare la seconda elementare con la stessa squadra. Non è così per moltissimi studenti, specialmente quelli della scuola secondaria.

Al momento, ci sono 62.560 cattedre scoperte in Italia. Nonostante questo sono solo 45.000 le assunzioni previste. Il tutto mentre si programma un nuovo concorso scuola a novembre e migliaia di idonei di concorsi degli anni passati sono in attesa di una chiamata. Questo significa per molti studenti entrare a scuola senza avere tutti gli insegnanti, cominciare l’anno con un professore – magari bravissimo – che sarà spostato dopo qualche settimana o qualche mese; non avere insegnanti di sostegno; avere ore di buco durante l’orario scolastico; cominciare il programma in ritardo. Forse a ottobre.

E non si capisce perché – di tutti i mali della scuola italiana – non si possa risolvere il più semplice di tutti: nominare i professori un paio di mesi prima, in modo da poter garantire il diritto all’istruzione. Che fatica. Mi rendo conto che questo è l’ennesima, noiosissima, lamentela del genitore esaurito, che potrebbe essere replicata tale e quale ogni anno, da decenni e per i decenni a venire. La scuola è un pachiderma irriformabile, malgrado le buone volontà dei singoli.

Vento da Est

In vacanza ho riletto uno dei miei libri preferiti, «Lessico famigliare», e mi hanno incantato le storie delle tate. C’è stata un’epoca, meno di cent’anni fa, dove le famiglie della classe media (anche con qualche problemino economico, non per forza molto benestanti), oltre a domestici di vario tipo, avevano immancabilmente almeno una tata che viveva presso la famiglia. È una figura che mi affascina moltissimo, non a caso con i bambini sto leggendo «Mary Poppins» e sogniamo che il vento da Est ci porti in regalo questa figura magica, in grado di appianare tutte le asperità del quotidiano, comprese le due o tre settimane di ambientamento all’asilo.

La mia bisnonna paterna, di origini alquanto popolari, era proprietaria di un bar e rimase vedova in giovane età con i bambini ancora piccoli. A crescere i suoi quattro figli ci pensò una sua sorella rimasta nubile: era scontato che la mia bisnonna, lavorando tutto il giorno, non potesse occuparsene da sola. Il progresso vuole che adesso i due genitori, entrambi lavoratori, crescano un figlio senza aiuti, se non talvolta un’occasionale babysitter. La scuola è ormai diventata l’unico supporto esterno alla famiglia nucleare che possono aspettarsi e permettersi i genitori della classe media oggi. Ma guai a dirlo, perché equivale a considerare la scuola «un parcheggio». E che li hai fatti a fare i figli se vuoi solo parcheggiarli? Come ti permetti di dire che tre mesi senza scuola sono troppi? Una soluzione non c’è, bisogna solo aspettare e confidare che arrivi ottobre.

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