Un vecchio saggio diceva «Morto un social se ne fa un altro». Ironia a parte, avranno pensato questo i 170 milioni di utenti americani di TikTok nella notte tra il 18 e 19 gennaio quando è diventata effettiva la legge della Corte Suprema che ha confermato il divieto dell’applicazione per motivi di sicurezza nazionale.
Se non fosse che il presidente Donald Trump, appena entrato in carica, ha emesso un ordine esecutivo il 20 gennaio che ha annullato il procedimento (dopo neanche un giorno) e ha concesso una proroga di 90 giorni a TikTok per consentire la vendita della proprietà a una società americana.
Questa mossa è stata interpretata come un tentativo di mediazione tra gli interessi cinesi e americani, per bilanciare le preoccupazioni sulla sicurezza dei dati degli utenti con la popolarità e l’influenza culturale dell’applicazione. Nonostante la temporanea sospensione del divieto, il destino di TikTok negli Stati Uniti rimane incerto, con possibili scenari che includono la vendita a un’azienda americana o ulteriori restrizioni operative.
La caduta di TikTok: tra geopolitica e ansie culturali
Il ban di TikTok negli Stati Uniti si è intrecciato, dunque, con questioni di natura geopolitica. L’app, di proprietà della società cinese ByteDance, era accusata di raccogliere dati sensibili degli utenti statunitensi che, secondo i timori dell’amministrazione Trump, potevano finire nelle mani del governo cinese.
Questa preoccupazione si basava sul fatto che in Cina esistono leggi che obbligano le aziende locali a collaborare con le autorità statali in caso di richiesta. Tradotto: se il governo cinese chiedesse accesso a certi dati, ByteDance non avrebbe la possibilità di rifiutarsi.
I dati in questione includevano non solo informazioni di base (nome, e-mail, geolocalizzazione), ma anche modelli di comportamento, abitudini e preferenze degli utenti, utili non solo per il marketing ma anche per possibili scopi di sorveglianza e manipolazione. Un pericolo da non sottovalutare nel contesto della crescente tensione USA-Cina.
L’ascesa di RedNote
Con l’imminente possibilità di un nuovo divieto su TikTok, gli utenti americani stanno cercando alternative per colmare il vuoto lasciato dalla popolare piattaforma di condivisione video.
Sorprendentemente, una delle principali alternative emergenti proviene anch’essa dalla Cina: RedNote. RedNote, conosciuta in Cina come Xiaohongshu (che si traduce in “Piccolo Libro Rosso”), è stata lanciata nel 2013 inizialmente come piattaforma di recensioni per lo shopping. Nel tempo, si è evoluta in un social network che combina elementi di Instagram e Pinterest, focalizzandosi su contenuti visivi e raccomandazioni di prodotti.
Con oltre 300 milioni di utenti attivi mensili, di cui l’80% donne, RedNote è diventata una forza dominante nel panorama dei social media cinesi. In un solo giorno, l’app ha registrato quasi 3 milioni di nuovi utenti negli Stati Uniti, balzando in cima alle classifiche dell’App Store.
L’afflusso di utenti americani su RedNote ha creato un’interessante dinamica di scambio culturale. Gli utenti statunitensi stanno utilizzando la piattaforma per condividere aspetti della loro vita quotidiana, partecipare a discussioni su argomenti di tendenza e persino imparare il cinese.
La piattaforma è un social in cui gli utenti condividono consigli e contenuti su moda, viaggi e lifestyle, spesso tramite gallerie fotografiche e post testuali. A differenza di TikTok, Xiaohongshu si avvicina di più a Instagram, con un feed curato e una forte enfasi sulla scoperta.
Negli Stati Uniti, tuttavia, l’app presenta alcuni limiti: la maggior parte dei contenuti è in cinese, e l’interfaccia non è ottimizzata per utenti anglofoni. Questo non ha impedito a molti di immergersi comunque nella piattaforma. «Non capisco nemmeno le regole, ma ci provo lo stesso», ha scritto una nuova utente americana, sottolineando la barriera linguistica come una delle difficoltà principali.
Nonostante le differenze, molti utenti cinesi si sono dimostrati accoglienti, dedicandosi a spiegare come utilizzare l’app e rispondendo a curiosità culturali degli americani. Alcune chatroom audio dal vivo, dove utenti di entrambe le nazionalità discutono temi di interesse reciproco, hanno registrato migliaia di partecipanti.
Questa migrazione di massa solleva domande cruciali sulla fiducia e sulla dipendenza da tecnologie che non comprendiamo pienamente. Cosa spinge milioni di utenti a ignorare i rischi per la privacy in cambio di un’esperienza digitale coinvolgente? La risposta potrebbe trovarsi nel concetto di “illusione di agenzia”: il sentirsi protagonisti di una narrazione digitale, quando in realtà si è parte di un sistema progettato per monetizzare ogni azione. Inoltre, la censura dei contenuti considerati sensibili dal governo cinese potrebbe limitare la libertà di espressione degli utenti americani sulla piattaforma.
Il futuro dei social media negli Stati Uniti
La migrazione degli utenti da TikTok a RedNote e ad altre piattaforme riflette una crescente consapevolezza riguardo alla privacy dei dati e al controllo delle informazioni.
Gli utenti stanno diventando sempre più critici nei confronti delle grandi piattaforme tecnologiche e stanno cercando alternative che offrano maggiore trasparenza e controllo
Il ban di TikTok è anche una manifestazione delle paure culturali legate all’influenza tecnologica e culturale della Cina su una generazione di utenti sempre più globalizzata.
La narrazione dominante suggerisce che TikTok sia stato sacrificato sull’altare della sicurezza nazionale, ma è impossibile non notare come il social avesse trasformato il panorama culturale statunitense. La piattaforma ha creato un ecosistema di contenuti altamente personalizzati, uniti da un algoritmo che sembra conoscere gli utenti meglio di quanto essi conoscano se stessi. Questo controllo algoritmico, che molti definiscono quasi magico, è stato al contempo una fonte di fascinazione e di timore. La rimozione di TikTok è, in ultima analisi, un tentativo di riconquistare un controllo che, nel mondo digitale, sembra sempre più sfuggire.
Mastodon e Bluesky: la promessa (infranta?) della decentralizzazione
Oltre a RedNote, gli utenti stanno esplorando piattaforme alternative che offrono maggiore controllo sulla privacy e sulla moderazione dei contenuti. Tra queste, Mastodon e Bluesky stanno guadagnando attenzione.
Mastodon è una piattaforma di microblogging open source lanciata nel 2016. A differenza dei tradizionali social network centralizzati, Mastodon è decentralizzato, composto da una rete di server indipendenti chiamati “istanze”. Gli utenti possono unirsi a diverse istanze, ognuna con le proprie regole e comunità che offrono un’esperienza personalizzata e maggiore controllo sui dati. Tuttavia, la frammentazione della rete può rendere difficile la scoperta di contenuti e la costruzione di un’ampia base di follower.
Bluesky , d’altra parte, è un progetto avviato da Jack Dorsey, co-fondatore di Twitter, (che ricorda sia nelle grafiche che nell’interfaccia d’uso) con l’obiettivo di creare un protocollo di social media decentralizzato. Lanciato nel 2021, Bluesky mira a offrire un’alternativa ai tradizionali social network, consentendo agli utenti di avere maggiore controllo sui loro dati e sulla moderazione dei contenuti.
Sebbene entrambe le piattaforme offrano alternative interessanti ai social network tradizionali, la complessità tecnica e la mancanza di una base utenti consolidata possono rappresentare ostacoli all’adozione su larga scala.
Tuttavia, per gli utenti preoccupati per la privacy e desiderosi di sfuggire alle dinamiche dei grandi conglomerati tecnologici, Mastodon e Bluesky rappresentano opzioni valide da esplorare. Entrambi i social propongono una visione utopistica della rete, basata sulla decentralizzazione e sul controllo diretto da parte degli utenti. Mastodon, con il suo modello di server indipendenti, e Bluesky, con il suo protocollo interoperabile, offrono un’esperienza che promette maggiore autonomia e privacy.
Ma questa promessa è davvero realizzabile? Dal punto di vista filosofico, le piattaforme decentralizzate incarnano l’idea di Jean-Paul Sartre secondo cui l’uomo è condannato a essere libero. La libertà totale può essere un peso: la frammentazione delle comunità e la difficoltà nel trovare contenuti rilevanti possono diventare barriere significative per l’adozione su larga scala.
La guerra degli algoritmi: chi controlla la nostra attenzione?
TikTok ha trasformato l’intrattenimento in un flusso ininterrotto di stimoli, imponendo anche alle piattaforme concorrenti di adottare questo modello, basato sulla riproduzione e produzione di video. RedNote, Mastodon e Bluesky affrontano lo stesso dilemma: come creare un ambiente digitale che sia coinvolgente senza diventare tossico?
Il filosofo Bernard Stiegler ha parlato di retention tertiaire (memoria tecnologica) per descrivere come le tecnologie conservino tracce della nostra memoria e influenzino il nostro pensiero. Gli algoritmi non solo mediano il nostro accesso al mondo, ma modellano le nostre percezioni e preferenze, agendo come “protesi” cognitive.
Il controllo dell’attenzione è una forma di potere. Chiunque controlli il flusso di informazioni controlla anche la narrativa culturale dominante. Questo spiega perché il ban di TikTok è stato tanto politico quanto tecnologico. Il vero timore non è solo la sicurezza dei dati, ma il potere di modellare la cultura globale attraverso un’app.
Il caso TikTok-RedNote-Mastodon-Bluesky è, in ultima analisi, il sintomo di una crisi più profonda. La nostra relazione con la tecnologia digitale è al contempo intima e alienante. Siamo attratti dalla promessa di connessione e creatività, ma spesso rimaniamo intrappolati in dinamiche di controllo e sorveglianza.
Questa crisi offre un’opportunità per ripensare i fondamenti dei social network. Come possiamo creare spazi digitali che promuovano il benessere e la partecipazione autentica? Il futuro dei social media non è scritto. Ma una cosa è certa: la battaglia per il controllo delle nostre identità digitali è appena iniziata.
- Il nuovo ordine digitale: la battaglia per il futuro dei social e per la libertà online
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