Il farmacista-scrittore debutta con un giallo

RANICA. Notevole padronanza delle tecniche di scrittura nel romanzo di Luca Giacherio «L’enigma della sfinge».

Sembra che a inventare il locked-room mystery (il genere poliziesco della «stanza chiusa») fosse stato l’irlandese Joseph Sheridan Le Fanu, che in un suo racconto del 1838 per primo aveva messo in scena un omicidio commesso in una camera chiusa a doppia mandata dall’interno.

Si ispira al topos del «delitto impossibile» anche il romanzo di Luca Giacherio «L’enigma della sfinge» (pagine 451, euro 16,90, in formato digitale a 2,99 euro). Nato e residente a Ranica, di professione farmacista e grande appassionato dei classici della letteratura gialla, Giacherio ambienta la sua narrazione a Villa Cavalcanti, un’antica residenza nobiliare poi adibita ad albergo, in un luogo circondato da boschi che diventa ancora più solitario durante l’inverno, quando la neve copre le strade di accesso.

La storia

Il tranquillo soggiorno nell’hotel di un gruppo di ospiti è turbato da un evento atroce quanto inspiegabile: la padrona di casa, Elena Cavalcanti, viene trovata assassinata nella Camera Rossa (una stanza appunto chiusa dall’interno, con una sola finestra il cui serramento risulta intatto, senza segni di scasso).

A questo primo delitto ne segue poco dopo un altro, mentre gli ispettori Tullio Badalamenti e Nemo Solaris tentano di afferrare il bandolo di una vicenda in cui viene frequentemente richiamata la figura della sfinge.

In effetti, questa creatura mitologica era già stata menzionata in un indovinello che la stessa Elena Cavalcanti, poco prima di essere uccisa, aveva sottoposto agli ospiti: «Un viandante – lei aveva raccontato - si trova a un bivio sorvegliato da una sfinge a due teste». Senza avere la possibilità di tornare indietro, egli sa che una delle due strade porta alla vita, l’altra alla morte. Non sa però quale debba percorrere per rimanere in vita e giungere alla meta: «Solo la sfinge - prosegue la spiegazione - conosce questo segreto, ma una delle due teste dice solo il vero, mentre l’altra dice solo il falso. Il viandante naturalmente non sa nemmeno quale delle due teste dica la verità e quale no, ma può fare una sola domanda, a una sola delle due teste, per scoprire quale strada dovrà imboccare. Quale domanda porrà il viandante, senza sapere se la testa a cui la porgerà dirà il vero o il falso?».

Opera prima

In questa sua opera prima, Giacherio dimostra una notevole padronanza delle tecniche di scrittura e di avere ben compreso le peculiarità formali di un «giallo della stanza chiusa», i cui lettori – ancor più che individuare il colpevole – desiderano capire come si sia potuto perpetrare il delitto. Ne «L’enigma della sfinge», le indagini dei due ispettori di polizia si sviluppano tra colpi di scena, apparizioni fantasmatiche e curiosi excursus, che spaziano dalla tradizionale ricetta veneziana delle sarde in saor al dipinto «L’incubo» di Johann Heinrich Füssli, dal ruolo della Xenopsylla cheopis (la pulce del ratto) nella trasmissione della peste bubbonica al fenomeno della «paralisi ipnagogica», un disturbo del sonno per cui, nel momento del risveglio, si verifica una temporanea incapacità di muoversi e parlare.

Il romanzo d’esordio di Giacherio si presenta dunque come un raffinato divertissement letterario (o, volendo usare una parola impegnativa, «metaletterario»: senza anticipare troppo, diremo che a più riprese Solaris e Badalamenti avranno l’impressione di trovarsi ad agire secondo un intreccio che fin dall’inizio qualcun altro ha predisposto per loro).

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