Esistono zone del pianeta che subiscono in modo più marcato gli effetti del cambiamento climatico in atto. Che si tratti di aumento delle temperature, riduzione delle precipitazioni, prolungamento della stagione calda o una combinazione di questi fattori, i poli, il Sahel, l’arcipelago indonesiano, l’Amazzonia, l’Himalaya e il Mediterraneo sono tra le regioni del mondo maggiormente colpite.
Così, dopo la Missione Groenlandia 2023, 3Bmeteo si appresta a partire alla volta dell’Amazzonia con l’obiettivo di raccogliere testimonianze dirette per raccontare gli sconvolgimenti in atto nella foresta pluviale più estesa del pianeta.
L’Amazzonia è un ecosistema imprescindibile
Con i suoi sette milioni di chilometri quadrati di foresta e più di diecimila fiumi, l’Amazzonia è uno degli ecosistemi più importanti per l’equilibrio del sistema climatico della Terra. Essa ospita il 20% dell’acqua dolce del pianeta, il 10% delle specie animali e vegetali viventi e stocca più di 150 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Eppure, a causa dell’impatto antropico, una buona fetta di foresta amazzonica sembra destinata a scomparire con conseguenze a livello planetario.
Oltre alle temperature sempre più alte, alle precipitazioni scarse e alle stagioni siccitose sempre più lunghe che non permettono alla foresta di rigenerarsi, le principali cause di perdita dell’ecosistema sono la deforestazione, gli incendi, gli allevamenti di bestiame, l’agricoltura intensiva e le miniere che, giorno dopo giorno, erodono ettari di foresta mettendo a repentaglio la vita degli abitanti e il pianeta intero.
Si stima che oltre il 15% della foresta originale è già scomparso, un’area che corrisponde a circa il doppio della Germania. Quest’anno l’Istituto Nazionale per la ricerca spaziale del Brasile (Inpe) ha registrato 10.398 incendi, il numero più alto dal 1998, anno in cui è stata inaugurata la rete di monitoraggio.
Ancora, temperature estreme, eventi siccitosi sempre più persistenti e alluvioni mai sperimentate prima segnano in maniera inequivocabile la tendenza in atto.
Mancano meno di trent’anni al catastrofico punto di non ritorno
La selva è una grande fabbrica di pioggia in cui la vegetazione, pompando enormi quantità d’acqua dai suoli all’atmosfera, contribuisce alla formazione delle nubi da cui cadono le precipitazioni, che a loro volta sostentano la vegetazione stessa. La combinazione di temperature sempre più alte, lunghi periodi di siccità e perdita di vaste aree di bosco rompe questo meccanismo che si automantiene provocando reazioni a catena devastanti sia sull’ecosistema stesso sia sul clima, con conseguenze imprevedibili in tutto il pianeta. Ad esempio, una riduzione della foresta comporta un minor stoccaggio di anidride carbonica e dunque un rafforzamento dell’effetto serra. Questo a sua volta determina siccità e incendi in varie regioni del globo, che causano diminuzione delle foreste, ma anche erosione dei suoli e mancanza d’acqua. Insomma, un circolo vizioso che man mano si autorinforza.
In un recente articolo pubblicato su Nature, un team internazionale di scienziati ha stimato che entro il 2050 una percentuale di foresta compresa tra il 10 e il 47% subirà drastiche transizioni che causeranno il collasso dell’ecosistema così come lo conosciamo lasciando posto a bosco degradato dominato da liane o bambù oppure alla savana. Secondo gli scienziati secondo i ritmi attuali mancano meno di trent’anni al catastrofico punto di non ritorno, ovvero il momento in cui il cambiamento sarà irreversibilmente e dunque è necessario agire subito. Proprio per questo, perché non venga sottovalutata l’importanza di questo ecosistema e vengano intraprese iniziative serie per la sua conservazione dal 2019 il 5 settembre si celebra la giornata mondiale di azione per l’Amazzonia.
Missione Amazzonia 2024
Ogni anno 3B meteo organizza una spedizione di studio e analisi per documentare gli effetti del cambiamento climatico sul pianeta; quest’anno sarà la volta dell’Amazzonia. La spedizione 2024 sarà composta da sei tra meteorologi, specialisti e documentaristi, capitanati da Paolo Corazzon, meteorologo e divulgatore scientifico di 3Bmeteo, in collaborazione con la biologa della conservazione e attivista ambientale Emanuela Evangelista che, da anni, vive a Xixuaú, un villaggio della foresta pluviale brasiliana. Il team multidisciplinare visiterà gli stati Mato Grosso, Pará, Amazonas, Roraima con spostamenti via terra, aria e fiume per osservare e comprendere la complessità e l’eterogeneità della realtà amazzonica.
Il viaggio, della durata di due settimane, prevede la permanenza in tre aree principali: la regione interessata dalla deforestazione e delle miniere d’oro, l’area urbana, afflitta da siccità, allagamenti e condizioni abitative inadeguate e infine la foresta primaria dove vivono le comunità native.
L’obiettivo è infatti quello di incontrare esperti del clima, ricercatori forestali, attivisti di ONG, leader indigeni, contadini, allevatori e compratori d’oro per raccogliere testimonianze di prima mano e raccontare la realtà multiforme dell’Amazzonia. «Conoscere i cambiamenti in atto nella regione e capire i motivi che li originano è fondamentale per invertire la rotta» spiega Emanuela Evangelista, fondatrice dell’organizzazione no profit Amazonia , che il prossimo 21 settembre riceverà a Venezia il premio Campiello Natura 2024 per il libro «Amazzonia. Una vita nel cuore della foresta»
Una spedizione che Paolo Corazzon prospetta «totalizzante, impegnativa dal punto di vista scientifico, fisico ed emotivo» per documentare in modo scientifico i danni delle attività antropiche sulla foresta, sulla popolazione locale e sul clima in una regione del mondo così lontana; eppure, imprescindibile alla nostra sopravvivenza.