Immaginate degli over 70 che parlano di galateo con degli under 25, in un contesto universitario. Il risultato è un confronto generazionale spumeggiante, che diventa una riflessione su come cambiano le relazioni umane, oltre alle buone maniere. Cosa “tenere” e cosa “buttare” del bon ton di 60 anni fa? L’argomento, solo apparentemente frivolo, è al centro di alcuni laboratori pratici dell’Atelier dei Saperi (qui il calendario con tutti gli incontri, il prossimo a tema galateo si terrà l’8 aprile) tenuti negli spazi dell’Università di Bergamo. Qui si dà forma a momenti di scambio intergenerazionale di conoscenze e competenze, dove anziani condividono i loro saperi pratici, talvolta ritenuti desueti. Ma lo sono davvero?
Ne abbiamo parlato con Isabella Lettini, ex professoressa di Lettere ed assistente sociale, presidente dell’Organizzazione di Volontariato «Mario Conte per i Diritti dimenticati», molto attiva nelle iniziative del CHL - Centre for Healthy Longevity di UniBg, di cui la direttrice scientifica è la professoressa Francesca Morganti - che è anche la referente del progetto REINT2565 (Convivenza e REciprocità INTergenerazionale tra under 25 e over 65) finanziato da Regione Lombardia per l’anno accademico 2024-2025. La carismatica Isabella Lettini è solo una delle brillanti relatrici che si sono interfacciate con una platea di universitari, incoraggiando il dibattito sulle buone maniere di ieri e di oggi.
MM: Le buone maniere di un tempo sono ancora attuali?
IL: Per la mia lezione mi sono ispirata, senza dirlo, al Galateo di Monsignor della Casa, anno 1558, e ne ho fatto uno schema dei comportamenti che suggeriva a tavola e nelle relazioni. Tutte le ragazze presenti erano d’accordo con le regole descritte, e solo dopo ho svelato la mia fonte.
MM: Qualche esempio di buona regola a tavola?
IL: Si parla e si beve senza il boccone in bocca, non si usa il tovagliolo per pulire i denti, se non si è d’accordo con il padrone di casa si controbatte in modo educato. Si siede a tavola senza accavallare le gambe sotto il tavolo…
MM: Ma chi si accorge se accavalliamo le gambe sotto il tavolo?
IL: Si vede la tovaglia che leggermente si rialza, in una cena importante le tovaglie sono lunghe, e quindi si nota. Certo, parliamo di una tavola con 4 posate e 4 bicchieri, cosa che ormai capita solo se veniamo invitati dal Presidente della Repubblica, temo.
MM: Regole per stare a tavola tutti i giorni, invece?
IL: I classici buoni comportamenti: non si imbrattano le labbra nei condimenti, ci si pulisce col tovagliolo prima di bere per non lasciare segni sul bicchiere. Non ci si riempie troppo la bocca. Se il boccone è bollente lo si ingoia e basta.
MM: Ma come, bisogna bruciarsi?
IL: No, bisogna prevenire. Proprio perché si sa che può capitare, è meglio capire prima di portarla alla bocca se una pietanza è molto calda, fare bocconi piccoli o ancora meglio aspettare, conversando. Ma se il danno è fatto si butta giù e basta.
MM: Ci sono regole di bon ton che valgono anche in una mensa universitaria?
IL: Tutte quelle che ho elencato, e anche: non mangiare e non bere dal piatto e dal bicchiere altrui. Ho visto porgere panini addentati o mele sbocconcellate, ma non si fa, nemmeno in amicizia.
MM: Ma il Galateo non si adatta ai contesti?
IL: Certo, ma senza cadere nel cattivo gusto. Se un’amica mi parla col boccone in bocca mi dà comunque fastidio, anche se stiamo mangiando un panino al bar.
MM: Passare o non passare i piatti al cameriere?
IL: Sicuramente no, in un contesto formale. In un contesto medio se il tavolo è molto addossato al muro possiamo passare il piatto, ma eviterei di fare le pile. In generale, se capita un qualsiasi incidente a tavola – una forchetta che cade, il sommelier che fa cadere una goccia di vino sulla tovaglia -, si continua conversare facendo finta di niente.
MM: Quali sono le regole per ricevere a casa?
IL: Dipende se parliamo di una cena formale o no. Nel primo caso c’è almeno un cameriere in casa.
MM: Ma come, un cameriere in casa?
IL: Certo, se la padrona di casa deve mettersi a raccogliere i cappotti degli ospiti non è più una cena formale. Dicevamo: il cameriere apre la porta, accanto c’è la padrona di casa e un passo indietro il padrone di casa. Man mano che vengono lasciati i cappotti si entra in sala da pranzo, con segnaposti e centrotavola. Quand’ero giovane c’erano anche tovaglie e servizi da 24, ma ormai il massimo di ospiti è 12, e il minimo è 6. L’ospite più importante sta a destra della padrona di casa e ci si siede alternati, marito e moglie non vicini. Il cameriere inizia il servizio quando la padrona di casa dà il via. Le portate sono almeno 6, in modo da avere scelta.
MM: Per la cena “media” invece?
IL: Non c’è cameriere, non servono segnaposto, basta la tavola a tre bicchieri e anche le portate saranno meno, quattro sono sufficienti. I tre bicchieri servono perché non sappiamo se gli ospiti bevono bianco o rosso, se invece serviamo solo un tipo di vino (pensiamo ad una cena di pesce) il terzo calice è quello dello spumante. Qualunque sia il tipo di cena, intolleranze, allergie, scelte alimentari vanno comunicate al momento dell’invito, e la padrona di casa deve assicurarsene.
MM: Quali sono le norme di conversazione?
IL: Non togliere mai la parola ai commensali, quando c’è qualcuno di logorroico sviare l’argomento senza offendere. Può succedere che una persona prenda la parola e parli per lungo tempo. Dovrebbero essere gli altri commensali a deviare e inserirsi, per non mettere in difficoltà il padrone di casa.
MM: Ci sono argomenti da non trattare?
IL: Ci sono argomenti da non trattare troppo: i propri figli e le malattie. A nessuno interessa sentire parlare per più di cinque minuti dei successi o delle preoccupazioni che ci danno i figli. E nessuno vuol trascorrere la serata parlando di malattie: la cena deve essere uno svago, sia che sia formale sia no.
MM: Ottimi suggerimenti, ma pensavo avrebbe risposto: politica e religione.
IL: Quello dipende dalla confidenza, ma possono essere argomenti pericolosi. Soprattutto nelle cene formali, dove non ci si conosce, è meglio stare sul generico.
MM: Quindi, quali argomenti preferire?
IL: Sono i padroni d casa che lanciano l’argomento della cena, studiato in anticipo. Funziona sempre bene parlare della città: ai bergamaschi piace molto discuterne, e proporre come argomento una notizia de L’Eco di Bergamo crea atmosfera. Si rompe il ghiaccio. Possono funzionare bene anche argomenti non preoccupanti, come le vacanze o lo sport.
MM: Regole di abbigliamento, invece?
IL: Per le cene formali consiglio sempre la camicia di seta e niente pantaloni corti per gli uomini. Poi dipende sempre dal contesto, ad un ricevimento ad esempio si va in lungo. In generale, tutto è commisurato al contesto: non si va in università con vestiti traforati e reggiseno a vista, neanche d’estate. Non si mostrano le mutande, regola che vale sia al femminile sia a maschile, ovviamente. Detto ciò, lo dico da ex insegnante e assistente sociale, l’abbigliamento non denota il ragazzo.
MM: Vale solo per i molto giovani?
IL: Sì, a una certa età subentra il raziocinio e non ci sono più scusanti per andare in giro a pantaloni calati. Dopo i 20 ognuno è responsabile di sé.
MM: Dal confronto con le giovani generazioni, c’è qualcosa che trova facciano meglio loro, nell’ambito delle relazioni umane?
IL: Il bello di queste tavole rotonde intergenerazionali è che si crea sempre uno scambio frizzante e si dialoga bene, trovando molti punti di contatto, e altrettanti di disaccordo. Siamo riusciti a confrontarci senza sentire i 60 anni di differenza. I giovani sono più sinceri, meno formali, credo sia questo l’aspetto più bello. Al nostro tempo le relazioni seguivano il binario della formalità più assoluta e questo le falsava molto. Adesso hanno meno paura di essere giudicati, mentre per noi era fondamentale il “cosa ne penseranno gli altri”. Abbiamo affrontato tanti argomenti e tutti si sono messi in gioco, ne usciamo arricchiti. Da ogni incontro portiamo a casa qualcosa, questo è il valore dell’Atelier dei Saperi.