La fortuna è un fattore da prendere in considerazione, nella vita come nello sport. Il cosiddetto fattore “C” (che non sta per “campione”) ha un peso ancora maggiore nel keirin, dove la “dea bendata” gioca a dadi con il destino degli atleti, costretti a ricorrere all’astuzia per superare i vari tranelli legati alla sorte. Le posizioni di partenza decise da una carta da gioco, la moto che gradualmente alza la velocità e la necessità di tenere costantemente d’occhio le mosse degli avversari portano il cervello a compiere uno sforzo non indifferente, attenuato per l’appunto da quella dote che Madre Natura regala soltanto ad alcuni di noi.
Non basta, insomma, essere “fisicamente” talentuosi: serve diventare bravi a leggere le situazioni in una manciata di secondi e attivare immediatamente quei “pistoni” che spingono sui pedali, noti anche come gambe.
Proprio questa prontezza di movimento contraddistingue Stefano Moro, 26 anni, originario di Fontanella. Dopo una carriera trascorsa fra ciclismo su strada e prove endurance in pista, Moro è riuscito a cogliere uno storico bronzo per l’Italia nel keirin ai Campionati europei di ciclista su pista andati in scena lo scorso gennaio ad Apeldoorn, in Olanda.
Parliamo di una specialità tanto spettacolare da osservare quanto complicata da comprendere. Gli atleti sono costretti a gareggiare all’interno di un velodromo con pista in parquet, dotati di bicicletta a scatto fisso e senza freni. A differenza dei colleghi che si cimentano in specialità come l’inseguimento a squadre o l’omnium, divenuti celebri per i successi olimpici, Moro e compagni devono seguire una moto nota come derny per tre giri sino al raggiungimento dei 50 chilometri orari. Un dato decisamente ridotto rispetto ai 70 chilometri orari toccati nello sprint finale, con il costante pericolo di cascare sul parquet al minimo contatto.
Era il 2008 quando Roberto Chiappa, atleta ternano trapiantato da anni in provincia di Bergamo, guadagnava un decimo posto nel keirin alle Olimpiadi estive di Pechino. Da quel momento, l’Italia era letteralmente scomparsa dal panorama internazionale di questa specialità. Sedici anni dopo, ecco compiersi l’impresa di Stefano, un ragazzo apparentemente di poche parole, ma capace di trasformarsi sull’anello di gara e tirare fuori un lato nascosto del suo carattere in casa dei temibili olandesi.
«Sinceramente non mi aspettavo di ottenere subito un risultato del genere, visto che è soltanto un anno che ho cambiato specialità e per questo mi sembrava un po’ troppo presto per avere ambizioni così importanti – racconta – Dentro di me avevo l’obiettivo di raggiungere la finale, ma già raggiungere la semifinale avrebbe rappresentato un traguardo importante. Purtroppo mi sono ritrovato in una batteria con atleti che si giocano le medaglie olimpiche e superarla sarebbe stato quasi impossibile. Quando sono arrivato lì mi sono detto “mi gioco tutto” e così sono riuscito a salire sul podio europeo. Ora proverò a qualificarmi ai Mondiali in programma a fine anno, per cui è necessario esser nei primi 24 nel ranking iridato. Attualmente sono trentatreesimo, ma proverò a centrare il pass nelle prossime tappe di Coppa del Mondo. Se non arriverò in finale, spero di giocarmi almeno un posto fra il settimo e il dodicesimo per guadagnare punti importanti».
Come dimostrato dalla finale europea, nel keirin può succedere realmente di tutto, perché è la sorte a farla da padrona. In una sorte di “roulette russa” dove le posizioni di partenza vengono decise dall’estrazione di una carta da gioco con un numero che va dall’1 al 6, il massimo che ci si possa aspettare è di riuscire almeno a rimanere in scia al favorito per poi superarlo di slancio in volata. Presentarsi alla sfida finale in seconda o terza posizione può esser un vantaggio, ma in questo sport la statistica conta poco. Conta piuttosto avere un pizzico di pazzia, un po’ come quella che ha spinto Stefano ad abbandonare il ciclismo su strada, ma soprattutto le specialità endurance su pista.
«Quando, nel settembre 2022, il responsabile del settore Ivan Quaranta mi ha proposto di cambiare vita, ho chiesto un parere anche al commissario tecnico Marco Villa e a quel punto ho deciso di pensarci prendendomi qualche tempo per scegliere se immergermi in questa pazzia – ricorda – Sono quindi andato in vacanza a Sharm El Sheik con la mia fidanzata e le ho chiesto per quelle due settimane di lasciare da parte il ciclismo. Avrei preso una decisione definitiva al ritorno in Italia. Quando sono salito sull’aereo per il rientro ho iniziato a pensarci, vivendo quattro ore intensissime con il cervello che mi fumava. Alla fine ho deciso di lanciarmi e iniziare a gareggiare nella velocità e nel keirin, con cui è stato subito amore a prima vista».
Per dare una svolta alla propria vita a venticinque anni è necessario avere un appoggio sicuro. Oltre ai tecnici e al Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre, Stefano ha potuto contare sul sostegno della fidanzata Martina Fidanza, campionessa mondiale nell’inseguimento a squadre e stella del ciclismo su pista italiano. Avendo affrontato in gioventù questa tipologia di corse, la giovane, originaria di Brembate, ha potuto offrire alcuni consigli al proprio compagno.
Il vero segreto di questo successo è l’amore. «Quando ami una persona, sei stimolato a supportarti a vicenda e a trovare una soluzione quando ci sono dei problemi. Vivendo nello stesso mondo, spesso ci confidiamo e ci diamo una mano a vicenda. Grazie all’amore vediamo le avversità in un modo diverso e le risolviamo – sottolinea Stefano – Chiaramente devo ringraziare anche le Fiamme Azzurre, che mi offrono uno stipendio e mi consentono di conseguenza di portare avanti questa carriera. Inoltre abbiamo il supporto della Nazionale che, in occasione dei vari appuntamenti internazionali e degli allenamenti al Velodromo di Montichiari, ci danno supporto logistico e tecnico».
Dopo aver ottenuto la medaglia di bronzo agli Europei, l’obiettivo ora è quello di fare il salto di qualità e di puntare al sogno di ogni atleta che si rispetti: la partecipazione ai Giochi Olimpici. Se per Stefano Moro la prossima estate a Parigi non sarà possibile vivere il clima a cinque cerchi da protagonista, a causa di un 2023 complicato contraddistinto da una caduta in Coppa del Mondo, i presupposti per esserci a Los Angeles nel 2028 ci sono tutti. Sempre con quel pizzico di pazzia che serve per non dipendere dal cosiddetto “fattore C”.