Da umana portatrice di cane, ogni anno finisce che mi accorgo dell’arrivo della bella stagione solo perché puntualmente una zecca riesce ad attaccarsi dietro le orecchie della mia cagnolina prima ancora che io abbia fatto scorta di antiparassitari. Una volta entrata nel loop, però, mi attrezzo di Frontline e raddoppio l’attenzione in passeggiata, cercando di evitare di passare in prati con l’erba alta.
Pensavo di poter stare abbastanza al sicuro anch’io, così. E invece, pare che le zecche possano ambientarsi anche in zone aperte assolate, con erba corta e pietre: è il caso della zecca marginata , che entra a far parte ufficialmente delle mie fobie perché non aspetta passivamente gli animali (e gli umani) su cui attaccarsi, ma si avvicina a loro e li insegue per alcuni metri lungo i sentieri. E non è una qualche specie esotica, anzi.
La zecca marginata, infatti, è stata trovata di recente sul Carso triestino. Lo hanno comunicato i ricercatori del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, che parlano di una «presenza abbastanza cospicua». Sottolineano gli scienziati: «Singoli esemplari di questa zecca, originaria di ambienti caldi e secchi del Mediterraneo meridionale, erano già stati rilevati in passato, portati dagli uccelli migratori o dal commercio di bestiame, ma sinora gli inverni freddi avevano scongiurato l’insediarsi di popolazioni locali». Ora che il cambiamento climatico «ha annullato le prolungate gelate invernali sul Carso», l’insediamento di popolazioni della zecca marginata è diventato molto più che una possibilità.
Cosa c’entra il cambiamento climatico con le zecche?
Da alcuni anni la diffusione delle zecche è in progressivo aumento. Le ragioni non sono chiarissime, ma, come già spiegava tempo fa per Eppen il dottor Benigno Carrara , «una prima causa è il cambiamento climatico: ci sono stagioni più calde che favoriscono lo sviluppo delle zecche anche a quote più elevate rispetto a dove si trovavano qualche anno fa». Le zecche, in genere, si trovano in una fascia compresa tra i 600 m e i 1200 m di altitudine, ma già due anni fa si trovavano anche a 1600 m.
A questo si aggiunge un nuovo livello di complessità, peculiare di quest’anno ma sempre legato al cambiamento climatico. Lo spiega Enzo Moretto, divulgatore scientifico: «quest’anno c’è stata molta pioggia in molte parti d’Italia e le zecche amano tantissimo l’umidità». Solo a maggio, in provincia di Bergamo ci sono stati 341 mm di pioggia rispetto ai 110 della media 1991-2020 (+210%).
Favorendo la diffusione e la proliferazione delle zecche, quindi, il cambiamento climatico impatta sulla nostra salute anche in modo indiretto. L’Italia ha elaborato già nel 2019 (prima del Covid!) il Piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle arbovirosi per il periodo 2020-2025. Con «arbovirosi» si intendono tutte le malattie causate dai virus che sono trasmessi da vettori come zanzare, zecche e flebotomi, tramite il morso o la puntura. Si tratta di problematiche sempre più urgenti e a cui c’è necessità di porre sempre più attenzione, come il Piano nazionale sottolinea.
Quanto sono pericolose le zecche
Tra le arbovirosi, le zecche, in particolare, possono trasmettere due malattie pericolose per gli esseri umani: la borreliosi di Lyme e l’encefalite da zecche.
La prima è una malattia che causa sintomi più o meno gravi che riguardano la pelle, le articolazioni, il sistema nervoso e gli organi interni. Il primo sintomo è spesso una macchia rossa sulla pelle che ha origine nel punto del morso e da lì si espande: nelle settimane o nei mesi successivi possono presentarsi diversi sintomi neurologici o cardiaci che, se la malattia non viene correttamente riconosciuta e curata, possono diventare cronici. Se viene diagnosticata per tempo, però, si cura con una semplice terapia antibiotica.
Non esistono invece cure per l’encefalite da zecche, o più propriamente «meningoencefalite», spesso chiamata anche con l’acronimo inglese TBE (Tick Borne Encephalitis). Nel 70% dei casi una persona morsa da una zecca portatrice del virus non sviluppa sintomi o ne manifesta di lievi. Nel restante 30% dei casi invece si hanno sintomi simili a quelli di un’influenza: febbre alta, mal di testa o mal di gola, stanchezza e dolori muscolari. Dopo 8-20 giorni di apparente benessere, alcune persone (circa il 10-20%) possono sviluppare altri sintomi, più gravi: confusione, perdita di coordinazione, difficoltà a parlare, debolezza degli arti e convulsioni. In una minoranza dei casi, specialmente tra le persone più vulnerabili, la malattia può essere mortale. Per la TBE, in Italia è disponibile un vaccino, raccomandato alle persone più a rischio di incontrare zecche e gratuito per i residenti in aree particolarmente colpite (ad esempio in Alto Adige o in Friuli Venezia Giulia).
Cosa sono le zecche e come agiscono
Facciamo un passo indietro, per capire che tipo di nemico abbiamo di fronte e come si comporta. Le zecche sono piccoli animali ematofagi: questo significa che si nutrono del sangue di altri animali, penetrando la pelle con il loro apparato boccale, detto rostro. Ne esistono numerose specie: le zecche che possono mordere le persone non sono le stesse interessate al sangue dei cani, e nella classificazione scientifica sono chiamate Ixodes ricinus. Vivono generalmente nei prati e nei boschi, tra l’erba alta e il fogliame, perché si trovano bene in condizioni fresche e umide.
Quindi come passano all’attacco? Si accorgono della presenza di un possibile ospite perché percepiscono l’anidride carbonica e il calore emessi dal corpo degli animali più grandi: a quel punto si spostano sull’estremità di una pianta, che si tratti di un filo d’erba o di un arbusto, e si aggrappano all’ospite mentre passa (non saltano e non hanno ali). È spesso difficile accorgersi che questo sia avvenuto, perché il morso di solito è indolore: nella saliva delle zecche è presente una sostanza che ha un effetto anestetico. Se non vengono rimosse prima, le zecche succhiano il sangue dell’ospite per alcuni giorni e poi si lasciano cadere.
Come difendersi dalle zecche
Ora la domanda è una sola: come ci salviamo? L’Istituto Superiore di Sanità fornisce delle pratiche linee guida da adottare quando si è in luoghi di possibile insediamento delle zecche (montagna, prati e boschi):
Indossare un abbigliamento adatto: scarpe chiuse (meglio stivali), maglia a maniche lunghe e infilata dentro i pantaloni, pantaloni lunghi con le estremità infilate dentro i calzini/calzettoni, cappello o copricapo;
Preferire abiti di colore chiaro (rendono più facile l’individuazione delle zecche, oltre a facilitare l’uso di abbigliamento coprente anche con le temperature estive);
Eventualmente utilizzare sulla pelle repellenti per insetti seguendo attentamente le indicazioni riportate in etichetta;
Camminare al centro dei sentieri, evitando di strisciare contro la vegetazione lungo il margine dei sentieri, non addentrarsi nelle zone in cui l’erba è alta, non sedersi direttamente sull’erba;
Scuotere eventuali panni (coperte, tovaglie) che siano stati stesi sull’erba, prima di tornare a casa, e spazzolare gli indumenti prima di portarli all’interno delle abitazioni;
Al ritorno a casa, effettuare un attento esame visivo e tattile della propria pelle e dei propri indumenti e rimuovere le zecche eventualmente presenti;
Trattare gli animali domestici (principalmente i cani) con prodotti repellenti contro i parassiti esterni (collari, spot-on).
Se, nonostante le accortezze, una zecca riesce comunque a insediarsi sotto la nostra pelle, niente panico. Innanzitutto, niente rimedi della nonna, come inumidire la testa di un fiammifero e disegnare con questa dei cerchi intorno alla zecca per attirarla fuori dalla pelle, o ricoprire la zona in cui si trova la zecca con smalto per le unghie o vaselina per impedire il passaggio di aria e quindi soffocarla. Allo stesso modo sono da evitare alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o grassi. Niente di tutto questo funziona.
Allora qual è il metodo migliore? Basta dotarsi di una pinzetta (preferibilmente a punte sottili), un paio di guanti e una boccetta in cui conservare la zecca (ci torniamo dopo). Bisogna rimuovere la zecca il prima possibile, perché la probabilità di contrarre un’infezione dipende anche dalla durata del morso. Per farlo si devono indossare i guanti, avvicinare la pinzetta il più possibile alla superficie della pelle e poi usarla per staccare la zecca tirando dolcemente e cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione. È importante non schiacciare il corpo della zecca mentre la si toglie, perché si rischia di causare un rigurgito dell’animale e aumentare le probabilità di trasmissione di un virus o di un batterio.
Per quanto riguarda la zecca rimossa, se pensavate di bruciarla in un fazzoletto e farla tornare agli inferi dai quali è venuta, ricredetevi: conviene piuttosto conservarla in una boccetta con alcol al 70%, e, nel caso in cui si manifestino dei sintomi di un’eventuale malattia legata al morso, fornirla al proprio medico per una diagnosi più accurata. Oppure è possibile portare la zecca (vale anche se è stata rimossa da un animale!) in un centro analisi del progetto attivo nella provincia di Bergamo per il monitoraggio e la sensibilizzazione al tema.
Tutto chiaro? Allora liberi tutti e buone camminate (sicure)!