Se c’è una caratteristica che contraddistingue il popolo cubano è una certa, tipica, vitalità resistente, capace di mantenersi a qualsiasi stadio emotivo. La chiamano alegrìa e non necessita di traduzione, ma ha poco a che fare con la spensieratezza giocosa. Si tratta piuttosto di una forma di vivacità viscerale, calda e – soprattutto – ostinata. La musica cubana è riconosciuta in tutto il mondo come una fusione di ritmi e melodie che riflettono quest’anima energica e la cultura del popolo. Oltre ad essere intrattenimento, è una forma di espressione culturale e un riflesso dell’identità cubana, che porta con sé secoli di storia, tradizioni e influenze culturali che si mescolano. Un’esplosione che evoca immagini nitide, manifestate nei testi emotivi e nelle espressioni musicali appassionate.
Non a caso, la prima riga della biografia di Ana Carla Maza dice: «Nata a L’Avana quando Wim Wenders stava iniziando le riprese di “Buena Vista Social Club”». Non in quale anno è nata, ma in quale musica. E il nostro incontro parte proprio da lì. Maza, prima che del suo disco, mi parla del suo Paese: «A Cuba la musica è un fenomeno culturale. Fa parte delle giornate di tutti, si ascolta sempre, dalla mattina alla notte. Dopo la scuola, dopo il lavoro, in qualsiasi piazza le persone si ritrovano per suonare o ascoltare, si riuniscono in trio, quartetti con chitarra, percussioni, cantando. Questo ambiente così musicale a L’Avana, ma anche in tutto il resto del Paese, è sempre nei miei ricordi, ci sono cresciuta. Inoltre, sono nata in una famiglia di musicisti, perciò la musica per me era fuori e dentro casa. Suonare il pianoforte e il violoncello erano un rifugio personale, sin da bambina passavo molte ore praticando, perfezionando e imparando. Sempre con estrema passione per lo strumento, per la musica in generale, con una connessione forte e profondamente emotiva».
La musica cubana è intrinsecamente legata alla cultura e alla storia dei Caraibi; la mescolanza con generi musicali provenienti da altre isole ha creato una rete di connessioni e scambi che hanno arricchito il panorama dell’intera area. Il son cubano ha influenzato lo sviluppo del merengue nella Repubblica Dominicana e della salsa a Porto Rico e negli Stati Uniti, mentre il calypso e il soca di Trinidad e Tobago hanno contaminato la musica cubana, arrivando così a creare un senso di comunità e condivisione tra le isole. Cresciuta in questo ambiente di interconnessione, nel 2016 Ana Carla Maza ha pubblicato «Solo Acoustic Concert», interpretando le tradizioni musicali della sua infanzia, dalla bossa nova brasiliana all’habanera cubana, attraverso un più ampio vocabolario musicale; seguito, nel 2020, da «La Flor». Entrambi gli album includono ritmi latini, brani pop, armonie jazz e tecnica classica. «Bahia» e «Caribe», usciti nel 2022 e nel 2023, sono altri passi nel suo viaggio musicale dedicato all’America Latina, dove si mescolano influenze della cumbia, della bossa nova, dei tanghi argentini, dei ritmi afro-cubani e delle rumbe caraibiche.
Tutto inizia dal distretto rumbero di Guanabacoa, il quartiere antico a est dell’Avana, che ospita il primo comune africano di Cuba, nonché il luogo dove Maza ha studiato ed è stata introdotta al violoncello e al pianoforte. «Per me il violoncello è stato un autentico innamoramento. L’ho visto per la prima volta da bambina in un concerto dell’orchestra sinfonica e sono rimasta incantata. Era qualcosa di completamente differente e nuovo. Nelle strade di Cuba si suonavano la chitarra, le maracas, i fiati, ma il violoncello mi è parso qualcosa di originale e unico, dalla tessitura musicale simile a quella della voce umana» mi racconta.
A 13 anni Ana Carla Maza ha preso parte al progetto del padre «Carlos Maza en Familia» e a 14 ha suonato per l’album «Quererte». Nel 2012 si è trasferita a Parigi per studiare al Conservatorio e ha iniziato una carriera in solo che l’ha portata a esibirsi in tutta Europa. «Quando ho concluso il mio percorso di studi al conservatorio di Parigi mi sono resa conto che in 15 anni nessuno mi aveva mai proposto un repertorio classico scritto da una donna. Così ho pensato che, per la prossima generazione di bambine che iniziano a suonare il violoncello, sarebbe importante incontrare musica scritta da una donna, perché io non l’ho avuta. L’ho quindi persa come una missione: scrivere le mie partiture e comporre la mia stessa musica».
«Caribe» è un mélange energico di jazz, musica classica e ritmi latini. Con questo, Maza, firma il suo primo progetto e album full band in qualità di compositrice e produttrice. Me ne parla con un’eccitazione travolgente, mentre attraversa la stanza per andare a prendere il vinile di «Caribe» e mostrarmelo: «Sono davvero orgogliosa di aver prodotto interamente io il mio ultimo disco. Ho fatto tutto da sola, scritto gli accordi per ogni parte. Dicevano che avrei dovuto trovarmi un produttore e io rispondevo: “perché, se sono capace di suonare classica, di comporre, se ho studiato quindici anni per saperlo fare?”. Siamo davvero in poche a ricoprire questo ruolo. Nel mio caso, io compongo la mia stessa musica; sono ancora meno le donne che producono per altri artisti. Credo si tratti di una lotta che dobbiamo combattere e uscire un poco dall’idea della cantante sensuale. No, noi possiamo essere anche molto potenti!».
La musica jazz ha storicamente offerto un palcoscenico per l’espressione artistica e l’innovazione e le donne hanno giocato un ruolo significativo nello sviluppo del genere fin dai suoi primi giorni. Tra le pioniere del jazz femminile ci sono artiste come Bessie Smith, una delle prime grandi voci del jazz e del blues, Mary Lou Williams, pianista e compositrice che ha influenzato grandi nomi nel panorama. Tuttavia, il settore, come molte altre industrie musicali, è stato dominato da uomini. Sebbene le donne abbiano continuato a rompere le barriere e a lasciare il loro segno nel mondo. «Nel jazz ci sono moltissime cantanti, è sempre stato così, penso a Ella Fitzgerald, a Billie Holiday, a Sarah Vaughan. Nonostante ci siano state anche alcune compositrici, come Nina Simone, sono state poche le strumentiste e addirittura solo il 6% strumentiste e compositrici, infine, solamente il 2% delle donne nel jazz è produttrice musicale. Perciò immagina quanto io sia felice di potermi dire strumentista, compositrice e produttrice!» mi dice sorridendo.
Le chiedo come vive il confronto con i colleghi. «Inizialmente avevo la percezione che gli uomini si sentissero a disagio con questa nuova presenza femminile più “poderosa”. Oggi le donne hanno più spazio anche nella programmazione e non stiamo semplicemente avendo una nuova presenza, ma stiamo davvero cambiando i codici della musica. Per me personalmente è stato fondamentale cercare di rompere in qualche modo i codici tradizionali del latin jazz. In un primo momento mi è capitato di incontrare del timore, ma alla fine quello che conta è lavorare uniti e con passione. Siamo una grande comunità. Però, sì, è necessario che ci sia maggiore equità nei confronti delle donne musiciste».
Le date italiane del nuovo tour partiranno dal Teatro Sociale domenica 24 marzo alle ore 17. Ana Carla Maza sarà ospite di «Bergamo Jazz Festival» in quartetto con Norman Peplow al pianoforte, Marc Ayza alla batteria e Jay Kalo alle percussioni: «In questo concerto vorrei invitare il pubblico in un viaggio immaginario nel Caribe, nell’America latina. Dove “Caribe” significa allegria di vivere, significa amore e calore. “Caribe” è quando non c’è elettricità nel paese e ci sono mille difficoltà, ma si va avanti. Credo che questo viaggio/concerto sarà ricco di emozioni da condividere con il pubblico italiano, sono emozionata».