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5 uscite musicali bergamasche da non perdere nel 2023

Guida. Hip hop, post-rock teatrale, pop da classifica e stoner-rave-funk: ce n’è veramente per tutti i gusti in questo slalom tra cinque delle uscite musicali “made in BG” più interessanti di quest’anno

Lettura 4 min.

La “scena” musicale bergamasca ribolle e si muove, sempre. Non di soli Verdena viviamo in area orobica, quindi eccoci pronti e curiosi per accompagnarvi alla scoperta di cinque delle uscite più interessanti di questo musicalmente ricco 2023. Abbiamo optato per una selezione che provasse a essere la più trasversale possibile, così da tentare di accontentare i palati più disparati: troverete patinato pop da classifica e divertissement stortissimi da parte di nomi ormai sacri per gli appassionati nostrani, rapper emergenti con un sacco di cose da dire (e i mezzi per farlo molto bene) e sperimentazioni al confine con il teatro e la letteratura.

Non resta che buttarsi alla scoperta di queste perle, tanto diverse tra loro quanto egualmente meritevoli di un ascolto per farsi un’idea di quanto bolla in pentola dalle nostre parti. Buon viaggio.

Fede Rich Goat & El Petok, «A Passi Brevi»

Undici brani firmati in tandem da Fede Rich Goat e El Petok, all’insegna di un hip hop dal taglio orgogliosamente classico ma capace di contaminarsi spalmandosi su produzioni tra le più disparate. Una variegatura che spazia allegramente ma riesce a non diventare caotica, ampliando la palette stilistica ma schivando l’effetto “fritto misto”; sempre ben scritto, ben rappato e ben prodotto.

Questo il riassunto di «A Passi Brevi», che in scaletta schiera la truce «Il Ladro», tra lugubri rintocchi di piano, scratch e voci chopped & screwed ma anche tanti ad-libs di matrice trap, per poi sorprendere con le scorie afro-beat in «Interlude». E poi ancora i battiti house in «Brawlio» e «Fuori di Qui», magari arricchiti anche da una spruzzata di synth anni Ottanta come in «Eravamo Liberi», passando per ballate più pensose come la title-track e boom-bap classicisti come «Ten More». Tanto in pentola, risultato squisito, da parte di chi già con il suo EP d’esordio «CSDP» ci aveva convinto alla grandissima.

Il silenzio delle vergini, «La Chiave di Berenice»

Tornato a distanza di tre anni da «Fiori Recisi», il progetto Il Silenzio delle Vergini esce per I Dischi del Minollo e (R)esisto con un nuovo lavoro, «La Chiave di Berenice», che segna un parziale allontanamento dal post-rock e dalle infiltrazioni shoegaze dei lavori precedenti. Ci sono increspature electro che richiamano addirittura i Future Sound of London di «Dead Cities» («Kaori Kosei»), beat che ricordano «Via Vai» di Fabri Fibra e Dargen D’Amico salvo poi aprirsi in ritornelli melodici («Marcel»), sentori post-punk e new-waveAlba Varden», il manifesto femminista della title-track).

C’è poi spazio per malinconie pop 80’s («Pan»), omaggi cinefili orrorifici («Vincent» con le sue citazioni a «Nosferatu» e un irresistibile riff di chitarra, tra gli apici del disco). Il cantato è quasi sempre in spoken-word, recitato, un po’ à la Massimo Volume, non per tutti ma di sicuro effetto, per un intingolo finale che è un po’ disco e un po’ performance teatrale, un po’ sperimentazione sonora e un po’ letteratura messa in musica. Ricercato, ambizioso, insomma un grandissimo «sì».

Iside, «In Memoria»

Aumentano il tiro pop gli Iside, con un nuovo disco che affonda il colpo a suon di introspezione e malinconia. I temi sono abbastanza depressi e riflessivi, i suoni sono molto da classifica. Un ritornello come quello di «Universo» batte lì, su una melodia e una produzione ammiccanti il giusto. È un lavoro furbetto e che non nasconde di esserlo, con rime telefonate e forse proprio per questo efficaci per il pubblico di riferimento («Sono deluso, il mondo mi ha illuso»). Qua e là fanno capolino produzioni interessanti e di classe, come gli archi di «Sberla», tra i pezzi migliori in scaletta.

Scorrendo i titoli si ha subito l’idea di dove vadano a parare i testi: «Lasciatemi Piangere», «Ansia», «Incubi», «Funerale», «Addio». L’allegria divampa insomma, l’originalità un po’ meno: restano il prossimo gruppo da Bergamo che potrebbe sfondare presso il grande pubblico, perché hanno tutte le carte al posto giusto per farlo.

Le capre a sonagli, «Funeral Rave Party EP»

Tre pezzi che varrebbero una discografia per tanti altri gruppi: il ritorno delle Capre a Sonagli a tre anni da «Garagara Yagu» farà la gioia di tutti i fan: un EP in cui i ragazzi spingono al massimo la loro componente più freak e pregna di THC, dando vita a un baccanel in tre atti. La title-track è un sabba di folk-funk stralunato, come se i Talking Heads se ne fossero fumati una di troppo: chitarre inacidite innervano una ritmica che sa tanto di rituale satirico, tra l’esoterico e il ridicolo.

La precede «Overture», titolo altisonante a designare con ironia un panzer funk a base di basso ciccione e voce che pare il Boney M. di «Daddy Cool» impegnato a evocare un qualche demone pagano mentre svuota un fiasco di Lambrusco. Chiude il tutto «EXIT»: cassa dritta e pestona su cui si stratificano cacofonie vocali e synth allucina(n)ti, a spennellare l’ormai definitiva e inevitabile perdita di lucidità.

Asteria

Il progetto di Anita Ferrari, che scrive, canta e produce, è lanciatissimo: tra collaborazioni altisonanti, ottimi riscontri commerciali e un album di esordio già promesso in tempi brevi, la ragazza sembra avere tutti gli elementi per ambire al titolo di next big thing nei palinsesti radiofonici nazionali. Per lei all’attivo una manciata di singoli che ne hanno spinto il nome nell’ultimo paio d’anni: «Santa Subito», in collaborazione con chiamamifaro, è un pop-funk di polistirolo, a base di chitarrine e trombette, perfetto per girare in radio. «PROFUMO» è una ballad introspettiva che potrebbe essere stata scritta da Mara Sattei, mentre «Jack e Lacrime» con piazzabologna è un altro prodotto pensato per andare in heavy rotation, con la sua alternanza da manuale tra strofe hip hop e ritornello dance-pop.

«AFTERPARTY» invece è un altro pezzo che si assesta su un uno-due house du club, ammantato però di una patina da – appunto – after che rende il tutto un po’ più immalinconito. Lo scorso anno invece era toccato a «DOMOPAK» con le sue ritmiche da drum & bass generalista, e ad «ANCORA», pezzo al profumo di Madame – soprattutto nelle strofe – che tra un basso di plastica e un’aria da club suona tanto ben fatto quanto derivativo. La ragazza sembra insomma bravissima a intercettare le frequenze giuste per farsi strada nel panorama pop attuale e, vista la giovane età, per l’originalità c’è ancora ampiamente tempo.

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