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Giovedì 10 Ottobre 2013
Ma chi doveva svegliarsi prima?
di Dino Nikpalj
Considerato che la situazione assurda del sottopasso della stazione è iniziata da una decina buona di giorni e che l'assessore alla Mobilità si è fatto vedere (bontà sua) solo ieri mattina, forse quello che doveva svegliarsi prima è proprio Gianfranco Ceci.
Considerato che la situazione assurda del sottopasso della stazione è iniziata da una decina buona di giorni e che l'assessore alla Mobilità si è fatto vedere (bontà sua) solo ieri mattina, forse quello che doveva svegliarsi prima è proprio Gianfranco Ceci.
Non studenti e pendolari, ostaggi quotidiani di un contesto frutto di una qualsiasi assenza di pianificazione. E buon senso. Se la richiesta di arrivare in anticipo, e quindi alzarsi prima, è una battuta, beh, francamente è di cattivo gusto. Se è invece seria è quanto meno sconcertante, e anche poco rispettosa della situazione di centinaia di persone che, ogni mattina, si alzano già presto per raggiungere il posto di lavoro o i banchi di scuola.
Qualcuno molto presto, considerata la difficoltà di raggiungere il capoluogo
con i mezzi pubblici, soprattutto se abiti nelle Valli. E non stiamo parlando di casi propriamente isolati. Per carità, la gestione di un cantiere non è mai semplice, tanto più in una stazione, struttura di suo delicata e interessata dal passaggio di migliaia di persone ogni giorno. E Bergamo è la quinta stazione d'Italia tra quelle di medie dimensioni: un giocattolino da 10 milioni e mezzo di passeggeri l'anno, per capirci. Quando ci si mette mano i disagi sono inevitabili, tanto più in presenza di un sottopassaggio che rappresenta la via più diretta tra due parti della città. E in quella al di là dei binari ci sono quattro scuole...
Ma scene come quelle viste ieri, con tanto di cordone umano a disciplinare il via vai di pendolari e studenti, sono francamente oltre ogni immaginazione. Compresa quella di chi evidentemente non ha saputo valutare le conseguenze del cantiere. Perché un conto è trovare una soluzione ai disagi, un altro dover intervenire in una situazione di emergenza continua e pericolo costante. Che non finirà tra qualche giorno, nota bene, ma si protrarrà ancora per diversi mesi. E questo non è affatto normale.
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