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Mercoledì 24 Luglio 2013
Superstipendi e cavilli
di Giorgio Gandola
Tutta colpa di un «non» finito nel posto sbagliato di una frase. Grazie a questa negazione rotolata chissà come nel testo del decreto legge, i manager pubblici si sono visti salvaguardare i loro super stipendi a rischio taglio.
Tutta colpa di un «non» finito nel posto sbagliato di una frase. Grazie a questa negazione rotolata chissà come nel testo del decreto legge, i manager pubblici si sono visti salvaguardare i loro super stipendi a rischio taglio. Per loro il tetto dei trecentomila euro (emolumento massimo equiparato a quello del primo presidente di corte di Cassazione) non vale, quindi la spending review non esiste. Il limite era stato inserito nel «decreto del fare» e riguardava i manager delle società non quotate che erogano servizi ai cittadini come Poste, Ferrovie dello Stato e Anas.
Tutto a posto, ma nottetempo è comparso quel «non» che mantiene il privilegio e indigna non poco il cittadino comune, per il quale i tagli sono reali e dolorosi. Ad accorgersi dell'inghippo sono stati i deputati della Commissione bilancio, che lo hanno spiegato così: «Si tratta di un errore materiale dovuto alla concitazione per l'approvazione in tempi brevi di un testo molto complesso. Errore al quale va posto rimedio».
Il problema è che quel «non» sembra impossibile da cambiare, poichè alla Camera verrà posta la fiducia dal governo e il decreto dovrebbe passare in blocco. Per rimettere le cose a posto e correggere la norma si attende il passaggio al Senato. Ma c'è la volontà di farlo? Così la Commissione bilancio: «Sarebbe paradossale che in una fase in cui famiglie e imprese lottano per arrivare a fine mese si facciano simili eccezioni». Sarà, ma è meglio tenere gli occhi aperti.
Giorgio Gandola
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