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Martedì 23 Luglio 2013
Democrazia dello spreco
di Giorgio Gandola
La politica è in trincea, e non c'è afa che tenga; in Parlamento sono tutti decisi a lavorare a oltranza. Per tagliare la spesa pubblica? Per restituire al lavoro un orizzonte di speranza? Per cominciare a recuperare la credibilità perduta?
La politica è in trincea, e non c'è afa che tenga; in Parlamento sono tutti decisi a lavorare a oltranza. Per tagliare la spesa pubblica? Per restituire al lavoro un orizzonte di speranza? Per cominciare a recuperare la credibilità perduta?
Se credessimo anche a una sola di queste ipotesi saremmo degli illusi. Sono tutti arroccati per salvare il finanziamento pubblico ai partiti. Il disegno di legge voluto dal governo che prevede l'azzeramento dei contributi entro il 2017, è arrivato in aula e si è trovato davanti il fuoco di sbarramento di 150 emendamenti messi lì per svuotarlo di contenuto.
Così, quel finanziamento abolito dal 90,3% degli italiani con un referendum nel 1993 e subito rientrato dalla finestra sotto forma di «rimborso per le spese elettorali» potrebbe rimanere graniticamente in piedi, simbolo della protervia e dell'inattaccabilità della Casta.
Per fare ordine fra i banchi del Parlamento bisogna dire che i partiti più concentrati sul mantenimento dello status quo sono il Pd e il Pdl, vale a dire quelli che esprimono il governo abolizionista, mentre Movimento 5 Stelle e Scelta Civica sono per l'azzeramento del finanziamento stesso, che oggi ammonta a 91 milioni di euro, ma che fino al 2010 era di 289 milioni.
Con i quali i politici si pagavano le aragoste, le vacanze e i Suv per galoppare sulle nevicate (Batman Fiorito docet). Oggi si lamentano: «Senza finanziamento, democrazia a rischio». Gettare milioni di euro dalla finestra era un esercizio democratico.
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