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Giovedì 18 Luglio 2013
Angelino, uno che ammette
Raro esempio da tutelare
di Gian Lorenzo Barollo
Bravo Angelino, finalmente uno che ammette: io non sapevo. Nella vergognosa vicenda kazaka dove gli scaricabarile rullano sulla pista del menefreghismo queste parole risuonano come un imprevisto premio di consolazione.
Bravo Angelino, finalmente uno che ammette: io non sapevo. Nella vergognosa vicenda kazaka dove gli scaricabarile rullano sulla pista del menefreghismo queste parole risuonano come un imprevisto premio di consolazione. Sì perché nell'età dei politici finti onniscienti, supponenti eppure sempre «sereni», si avverte un brivido di onestà quando uno pronuncia un banale e umano: non lo so.
Questa confessione di ignoranza che parifica i ministri ai personaggi di Zalone e Albanese non giustifica l'orrido misfatto che ha screditato ulteriormente il prestigio tricolore, il ministro Alfano ne è consapevole. Ma non siamo al cospetto della Legge che non ammette ignoranza, bensì sul palcoscenico della politica dove una battuta purtroppo vale più di mille fatti.
Certo, quando dici «non lo so sapevo» non fai una figura intelligente e neppure «onorevole», è un tentativo di scansare la responsabilità. Ma nel caso specifico Alfano è davvero l'ultima ruota del carro: proteggere un perseguitato politico è un lavoro che spetta alla burocrazia, è un iter che ha nomi e cognomi. Nomi di alti funzionari statali buoni per ogni stagione politica, seduti sulle poltrone dei privilegi e immuni ai tagli. Beh stavolta speriamo di no.
Cancellare invece l'outing di Alfano con le dimissioni sarebbe un errore, un politico che si dice ignorante è un raro esemplare da tutelare. E ora che sa di non sapere, socraticamente si affidi a chi sa. La riscossa italiana parte dal livello più basso, ma per uscire dal pantano è vitale riconoscere i propri limiti.
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