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Martedì 25 Giugno 2013
La pubblicità «ingloba» il metrò
Lo sponsor diventa status
di Gianlorenzo Barollo
«Siete arrivati alla stazione Vodafone Termini». Questo annuncio accoglierà presto i passeggeri del metrò di Roma. Lo sponsor si mette sui binari, apre il portafogli e ribattezza le fermate.
«Siete arrivati alla stazione Vodafone Termini». Questo annuncio accoglierà presto i passeggeri del metrò di Roma. Lo sponsor si mette sui binari, apre il portafogli e ribattezza le fermate. Per carità, nulla di originale: a Milano ad esempio c'è Sesto Marelli che però testimoniava la presenza concreta delle fabbriche. Con Vodafone in campo però la logica della «linea» diventa labile.
Battaglie di retroguardia? Certo siamo lontani anni luce da Carosello. Oggi lo sponsor non si limita a suggerire l'acquisto ma è status sociale. Ricordo un fantastico racconto di Michele Serra sull'introduzione dello sponsor individuale obbligatorio.
In pratica ogni persona doveva scegliersi una marca da abbinare al nome, come raccontava il signor Giuseppe Biancosarti Genghini. Un eccesso non tanto lontano dalla realtà se pensiamo che una ditta Usa ha concesso aumenti di salario ai dipendenti disposti a farsi tatuare il marchio aziendale. Qui la linea è ancora più sottile: la trovata pubblicitaria si confonde con la marchiatura del personale, stile ranch. Il caso romano apre un nuovo fronte: la riscrittura della topografia attraverso gli sponsor. Dopo le fermate del metrò cosa vieta di estendere la pubblicità ai quartieri (Campagnola Danone o Colognola Colgate) e poi alle città. Cynar vorrà bersi Milano e Barilla marcerà sulla capitale.
Bergamo con le casse semivuote brama offerenti. Già ma c'è quella linea, quella del buon senso. Speriamo che tenga.
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