Sull’arma del delitto c’è il sangue di Marisa
non le impronte del marito reo confesso

Il tunisino s’era subito consegnato ai carabinieri ammettendo le responsabilità. Il Ris: è il coltello usato per uccidere. Le tracce dell’assassino forse cancellate dalla pioggia.

È stata depositata nelle scorse settimane in Procura la relazione dei carabinieri del Ris di Parma sul coltello ritenuto l’arma usata per uccidere Marisa Sartori, la donna di 25 anni di Curno morta per i fendenti sferrati dall’ex marito Ezzedine Arjoun, tunisino trentacinquenne. Gli esiti confermano che il coltello sequestrato dai carabinieri di Bergamo è l’arma del delitto, perché sulla lama sono state rilevate tracce di sangue della vittima. Non sono state trovate invece le impronte dell’ex, che pure ha confessato l’omicidio. Un giallo? Non proprio. Una spiegazione è che il coltello, gettato in un campo da Arjoun mentre raggiungeva la stazione dei carabinieri di Curno per consegnarsi, sarebbe rimasto esposto alle intemperie (quel giorno pioveva) più di mezza giornata. La pioggia avrebbe, secondo gli inquirenti, cancellato le impronte.

Il tunisino la sera precedente aveva atteso l’ex moglie e la sorella di quest’ultima - Deborha, 23 anni, rimasta ferita gravemente nell’aggressione - sotto il condominio di via IV Novembre a Curno dove abita la famiglia Sartori e dove Marisa era tornata a vivere dopo la separazione dal marito (si erano sposati nel 2012).

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