«Rubo camion, non tori e pecore»
Dna in zona, ma il nomade è assolto

Cinque anni di attesa, costi su costi per i vari accertamenti sul Dna tramite i carabinieri del Ris di Parma, ma la mancanza di un paio di «dettagli» di non poco conto alla fine è stato l’elemento che probabilmente ha portato all’assoluzione dall’accusa di un furto a Zanica nel 2010, nonostante la prova - inconfutabile - del Dna.

La motivazione arriverà solo tra qualche mese, ma resta per ora il fatto che il Dna dell’unico sospettato di un furto di bestiame, il vecchio abigeato, anche se repertato nella zona del fatto non è bastato al giudice per poter emettere una sentenza di condanna.

Nel luglio 2010 un allevatore della zona di Zanica scopre che sono spariti una coppia di tori e alcune pecore per un valore di diverse migliaia di euro. I carabinieri fanno un sopralluogo, dal lucchetto forzato non vengono ricavate impronte digitali ma vengono invece trovati tre mozziconi e, accanto, una lattina: i Ris di Parma ne traggono un profilo di Dna, quello di un nomade 42enne milanese, pluripregiudicato e attualmente in carcere per altro reato.

Ma il Dna non è bastato, anche di fronte alla spontanea confessione dell’imputato: «Signor giudice, mi chieda di automobili, di camion, di ruspe: a quel punto le saprò rispondere, rapine e furti ne ho fatti. Di bestiame invece non so nulla: non me ne sono mai occupato. Troppo ingombrante e difficile da trattare».

L’uomo ha anche fornito una sua spiegazione del ritrovamento dei mozziconi: «Ho parenti in quella zona e fino a qualche anno fa andavo con loro in quelle zone di campagna per fumare e sniffare cocaina». Alla fine la Procura ha percorso la sua strada, chiedendo la condanna a 18 mesi di reclusione: il giudice ha assolto per non aver commesso il fatto.

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