
(Foto di Bedolis)
LE INDAGINI. In carcere un italiano e un polacco: Luciano Muttoni colpito al capo col calcio di una pistola, calci e pugni, per rapinarlo. Poi la fuga con l’auto verso Monza.
Valbrembo
Si era messo in testa che ci fossero tanti soldi nella casa di quell’affittacamere che, in realtà, ogni mese andava a ritirare il pacco alimentare alla Caritas parrocchiale di Ossanesga. Così ha cercato un complice, individuato grazie ad alcune amicizie comuni in un giovane nato in Polonia ma adottato in Italia che non aveva mai visto prima, e venerdì sera si è presentato alla casa di Luciano Muttoni per rapinarlo di soldi e della sua vecchia Golf che usava come servizio taxi per i clienti che ospitava a casa. Senza forse immaginare che il cinquantottenne reagisse.
Ne è scoppiata una violenta lite, culminata con l’omicidio di Muttoni, ucciso con almeno due colpi in testa inferti con il calcio di una scacciacani e numerosi e violenti calci e pugni in pieno volto. Da lunedì pomeriggio il venticinquenne italiano residente a Bergamo e il suo complice polacco, di un anno più giovane e residente a Monza, sono rinchiusi nel carcere di via Gleno con l’accusa di omicidio volontario in concorso e premeditato: la Procura non ha voluto fornire ulteriori elementi sulla loro identità.
L’accusa è di omicidio volontario in concorso e premeditato
Entrambi di fatto senza fissa dimora, hanno ammesso di aver agito sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Il primo ha precedenti penali per reati contro la persona, il patrimonio e lo spaccio, mentre il secondo è noto alle forze dell’ordine perché assuntore di droga. Quest’ultimo collabora saltuariamente con una comunità terapeutica monzese dove domenica mattina si era regolarmente presentato e dove è stato raggiunto dai carabinieri che l’hanno portato in caserma per interrogarlo e, infine, fermarlo per l’omicidio. All’italiano i carabinieri di Bergamo erano invece risaliti già domenica pomeriggio e lo avevano raggiunto pure a Monza, dov’era ospite di alcuni amici: la svolta alle indagini – coordinate dal sostituto procuratore Letizia Ruggeri – è arrivata grazie a una fortuita casualità.
La sera precedente al ritrovamento del corpo senza vita di Muttoni, dunque sabato, il venticinquenne era stato infatti fermato a Sovico alla guida della Golf grigia del cinquantottenne, con a bordo tre amici della zona. Quando i carabinieri di Monza hanno chiesto come mai avesse in uso un’auto non sua, la risposta è stata: «L’ho trovata alla stazione di Bergamo con le chiavi nel cruscotto e l’ho presa». Risposta che ha valso a lui e ai tre amici l’accusa di ricettazione della vettura, che è stata sequestrata. La domenica i carabinieri avrebbero contattato Muttoni per riferirgli del ritrovamento della sua vettura, senza poter immaginare che fosse in casa morto ammazzato già da venerdì sera. Domenica mattina, attorno alle 9,30, è stata invece la fidanzata di Muttoni a fare la tragica scoperta e a far scattare le indagini.
La domenica i carabinieri avrebbero contattato Muttoni per riferirgli del ritrovamento della sua vettura, senza poter immaginare che fosse in casa morto ammazzato già da venerdì sera
E visto che la Golf della vittima non c’era, inserendo la targa nella banca dati dell’Arma i carabinieri di Bergamo hanno appreso che l’auto era stata fermata e sequestrata la sera prima a Monza. Verificando i nomi dei quattro occupanti, le attenzioni si sono concentrate sul conducente, essendo residente a Bergamo. Nel frattempo sono state visionate le telecamere dei vicini: nelle immagini si vedono due giovani scappare lungo il vialetto della palazzina attorno alle 21,30 di venerdì. Portato in caserma a Monza e messo alle strette, il venticinquenne ha confessato. Ha poi raccontato che, per ben due volte nell’ultimo mese, aveva preso in affitto – proprio assieme ai tre amici con cui sarebbe poi stato fermato sulla Golf – la casa di Muttoni.
Per ben due volte nell’ultimo mese L’uomo arrestato aveva preso in affitto – proprio assieme ai tre amici con cui sarebbe poi stato fermato sulla Golf – la casa di Muttoni
E che, in un’occasione, aveva intravisto nel suo borsello «parecchi soldi». Così venerdì sera, assieme al polacco appositamente ingaggiato e a cui aveva promesso una ricompensa per l’aiuto, è entrato a casa di Muttoni (che lasciava sempre cancellino e porta non chiusi a chiave) con il passamontagna e impugnando la scacciacani (poi fatta recuperare in un campo di Ponte San Pietro): la vittima era seduta al tavolo della cucina a cenare.
La successiva ricostruzione di quanto accaduto l’hanno fornita i due fermati ed è ritenuta verosimile perché praticamente identica. L’italiano chiede a Muttoni di dargli i soldi che ha con sé, ma il cinquantottenne reagisce. L’italiano lo immobilizza e il polacco gli sferra due pugni sul viso. Ma Muttoni ha ancora la meglio, così il venticinquenne lo colpisce due volte alla testa con il calcio della scacciacani, facendolo cadere. L’italiano infierisce su di lui con calci e pugni sempre al volto, anche perché Muttoni, a terra, si mette a gridare. Il venticinquenne è una furia, mentre il complice polacco resta in disparte, come pietrificato. Il primo chiede ancora i soldi e le chiavi della Golf.
Il polacco viene mandato a controllare fuori e nota che le chiavi sono nel cruscotto. Sono minuti interminabili: alla fine l’italiano arraffa dal borsello di Muttoni il portafogli con 50 euro, alcune ricevute della casa soggiorno, il bancomat (con cui invano tenterà di acquistare delle sigarette a un distributore automatico) e il cellulare della vittima (che l’italiano ha poi tenuto perché non ne aveva uno, a differenza dei documenti e del bancomat, lasciati nel suo giubbotto trovato sporco di sangue a Solza).
I due si erano anche organizzati con un cambio d’abito: a Ossanesga erano arrivati a piedi, scesi dal treno a Ponte. Sempre lì con la Golf l’italiano ha poi riaccompagnato il polacco dopo il delitto. I due si sono separati, tornando entrambi a Monza, uno in treno e l’altro con l’auto rubata. Venerdì sera l’italiano si è incontrato con i tre amici, mostrando orgoglioso la Golf. I quattro l’hanno così usata per andare a bere qualcosa, senza che nessuno facesse domande.
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