È scoppiata la «Moscatomania». Lo dicono, tutti o quasi, gli addetti ai lavori, per lo meno lo abbiamo sentito ripetere con tanta convinzione nella terra del Moscato d'Asti e dell'Asti Spumante, nelle Langhe piemontesi. Le cifre lo dicono chiaro, del resto. Con la vendemmia 2011, tra le due tipologie di questo vino dolce piemontese, si sono passati i 100 milioni di bottiglie prodotte, per l'esattezza sono calcolati 104 milioni di pezzi, quasi tutti già spediti a fine novembre o pronti per la spedizione.
In questo Natale 2011, quindi, fiumi di Moscato d'Asti sulle tavole di Bergamo, d'Italia e del mondo. Sì, perché questa è la notizia emersa sia a Torino in “Anteprima Vendemmia” sia a Mango (Cn) all'Enoteca Regionale Colline del Moscato: il Moscato d'Asti Docg 2011 è già tutto venduto, ha preso la via dell'estero per l'80 per cento, il resto le berremo noi in Italia. Negli Stati Uniti come in Estremo Oriente il dolce Moscato, originario di Canelli, piace e va forte, anche per il prezzo piuttosto contenuto rispetto ad altri vini.
Una notizia che ha fatto ringalluzzire i produttori e il Consorzio di tutela, anche se è stato messo in rilievo – in particolare da Giovanni Satragno, presidente della “Produttori Moscato d'Asti Associati” - il pericolo rappresentato dal fatto che in altre regioni italiane, ma anche in Bulgaria, Ungheria, Spagna e Romania, si stanno piantando vigneti di Moscato, ma – assicurano i piemontesi - non avrà mai le caratteristiche di quello “bianco” di Canelli. “ Possiamo essere forti e convincenti per sempre – hanno aggiunto Satragno e Valter Bera presidente dell'Enoteca di Mango - puntando innanzitutto sulla qualità ed evitando manovre speculative.
Proprio perché si è scatenato questo fenomeno della “moscatomania” il Consorzio di tutela ci ha chiesto altri 1000 ettari di vigneto (che corrisponde anche ai desideri dell'industria, guarda caso) ma noi abbiamo posto come condizione di stabilire, in partenza, i guadagni futuri degli industriali e i nostri. E prima di aumentare ancora la produzione occorre badare prima alla qualità e non a vendere a bassi prezzi pur di vendere. Un errore già commesso anni fa».
Non solo il Moscato è in ascesa. Con lui anche gli altri celebri piemontesi. Il mercato, dopo alcuni anni di stagnazione, si sta riprendendo e alcuni segnali positivi arrivano dai mercati stranieri che, tradizionalmente, hanno sempre prediletto i vini piemontesi e italiani in generale. In primis le docg, a cominciare dai grandi “Barolo”, “Barbaresco”, “Gattinara” e “Ghemme”, oltre naturalmente al Moscato. Un punto saliente rimane quello di legare la promozione dei vini a quella del territorio. Se i nostri vini hanno una o anche due marce in più rispetto a quelli di altri continenti (e il pensiero vola a tutto il comparto italiano) lo si deve anche alle caratteristiche del nostro Paese, molto gettonato dai turisti, molti dei quali hanno come primo interesse l'enogastronomia.
In modo pomposo è stata quindi annunciata la nascita della società consortile “Piemonte Land of Perfection” che, recependo le iniziative della Ocm per supportare le attività promozionali, diventerà la principale interlocutrice della Regione nella programmazione della promozione in materia vinicola e non solo. Della neonata società fanno parte i Consorzi di tutela del Barolo e Barbaresco, Vini d'Acqui, d'Asti e Monferrato, la “Produttori Moscato d'Asti Associati”, la “Vignaioli Piemontesi” e la Cantina Sociale di Canelli. Nel 2011 sono stati 17 i milioni di euro a disposizione e nel 2012 arriveranno a 24.
La nostra esperienza nelle Langhe – Il mio itinerario autunnale nelle Langhe ha avuto un fascino determinato via via da sole, nebbioline, tanti vigneti addormentati. Una delle capitali del Moscato d'Asti è Santo Stefano Belbo. Qui è la Cantina cooperativa Vallebelbo, una delle più importanti del Piemonte: fondata nel 1956, conta oggi 200 soci per un totale di circa 550 ettari di vigneto produttivo. Le bottiglie commercializzate sono 2 milioni, di cui il 95 per cento è Moscato docg (vino che ha meritato numerosi riconoscimenti, ultimo la medaglia d'argento a Vinexpo 2011). Santo Stefano Belbo è il paese natale dello scrittore Cesare Pavese (1908-1950), morto suicida. La fondazione dedicata allo scrittore ha realizzato una serie di percorsi guidati ai luoghi pavesiani, dalla casa natale alle località citate nei suoi romanzi, al cimitero dove è la tomba. La Cantina Vallebelbo è l'unica ad aver avuto dagli eredi di Pavesi la possibilità di intitolare al grande scrittore una linea di vini: le etichette riportano un bel ritratto dello scrittore opera di Giorgio Petraglia.
Un ottimo esempio di come unire vino e letteratura. Nel suo lavoro di ottimizzazione della produzione, Vallebelbo (www.vallebelbo.it) ha spostato lo stabilimento produttivo alla periferia del paese, mantenendo nel centro solo un attivissimo centro vendita diretta.
Scendendo verso Alba, sulla strada provinciale in prossimità di Neive, attira l'insegna della Cantina Francone (www.franconevini.com), nota per la qualità dei suoi vini, che negli ultimi anni sono arrivati anche in Cina. Qui siamo nella zona del Barbaresco Docg (ho assaggiato il Riserva 2006 davvero notevole) ma anche il Moscato d'Asti gode di terreni ed esposizione favorevoli, come tutti i vini che Francone riesce a portare in bottiglia partendo dal cru assai fortunato “Antichi Poderi dei Gallina”, una collina che è una “griffe” per Neive.
Tutta la cantina non supera le 120 mila bottiglie prodotte, suddivise in una quindicina di etichette, le tipiche piemontesi, con alcune valide immersioni nel “Metodo Classico”. Cantina Francone ha ottime possibilità di accoglienza anche di gruppi numerosi.
Un'altra azienda visitata, a Neive, è quella di Massimo Rivetti: 20 ettari vitati soltanto ma tanta cura nella vinificazione, con un riguardo per il rapporto qualità-prezzo. I suoi cru di Barbaresco sono eccezionalmente longevi ma per averli non bisogna fare un mutuo. Anche i Barbera e lo stesso Moscato d'Asti sono vinificati con scelta delle uve da determinati vigneti sulle colline assolate di Neive. Le riviste specializzate italiane e americane danno giusto risalto a questa azienda (www.rivettimassimo.it), che esporta negli Usa buon parte della produzione di Barbaresco, Barbera e Dolcetto. Le annate migliori divengono il cru di “Serraboella”, una firma da ricercare e tenere d'occhio.
Lambendo Alba percorrendo la tangenziale, si entra nel cuore della Langa del Barolo e qui si può visitare l'azienda “Aurelio Settimo” a La Morra, Frazione Annunziata (www.aureliosettimo.com). Vi accoglierà Tiziana Settimo, terza generazione di questa azienda-gioiello, piccola, abbastanza giovane ma che ha due sole regole: tradizione e qualità (solo vini rossi, solo botti grandi, riutilizzo di vasche di cemento vetrificato). Soprattutto, le sue vigne sono collocate sulle Rocche dell'Annunziata, il meglio del Barolo di La Morra. Sessantamila bottiglie in tutto, che Tiziana ama una per una come figlie. Segnaliamo il Barolo 2004 da vigne vecchie di 42 anni; il Barolo 2007 (difficile da domare ma grande annata, il Cru Rocche è ai vertici della enologia mondiale secondo gli esperti Usa). Bene anche il Dolcetto d'Alba, fresco e fruttato.
Roberto Vitali
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