Malgrate, al via
la scuola di potatura

“Sintonizzarsi con i nuovi paradigmi della narrazione del vino, come il design, la moda, il turismo, superando i vecchi criteri che oggi non contano più, a cominciare dalla superata dicotomia tradizione-innovazione o dalle classifiche sulla qualità del vino. Oggi si stanno modificando gli stili di produrre il vino e raccontare il vino vuol dire raccontare un territorio che è realmente valore aggiunto, unico e identitario”.

Questa la formula che il Consorzio di Tutela Vini di Valtellina, promotore e organizzatore dell'evento “Dal bicchiere alla vigna 3” andato in scena nei giorni scorsi all'hotel Il Griso di Malgrate, in provincia di Lecco, ha proposto per parlare del suo prodotto d'eccellenza, cioè i superbi rossi valtellinesi. Una iniziativa che si è incentrata sul forum-degustazione e poi sulla cena che ha visto l'esibizione degli chef stellati valtellinesi.

La degustazione alla cieca di otto vini valtellinesi (risultati poi tre Sassella, tre Inferno, un Valgella e un Grumello) è stata guidata attraverso la narrazione di esperti conoscitori del mondo enologico: Giacomo Mojoli (ideatore dell'evento e moderatore), Alessandro Masnaghetti (giornalista), Marco Simonit (agronomo ed preparatore d'uva), Claudio Introini (presidente Fondazione Fojanini) , Mamete Prevostini (presidente Consorzio di Tutela Vini di Valtellina). Otto vini in grado di comunicare il ragionamento di fondo: unicità, territorialità, finezza e bevibilità.

Un vino che negli ultimi anni sta esplicando la sua realtà, una modernità radicata. In sintesi, una degustazione narrativa capace di far crescere la consapevolezza di ciò che racchiude un bicchiere di vino: il lavoro di chi coltiva la vite e di chi, in cantina, affina il vino. Introini, in particolare, si è soffermato sulle caratteristiche vitivinicole della Valtellina, legate a fattori quali la posizione geografica, il terrazzamento, il vitigno Nebbiolo che è diventato un ecotipo con il nome di Chiavennasca, la presenza di diverse sottozone, la storicità della viticoltura valtellinese.

Mojoli ha insistito sulla “diversità” come valore aggiunto del vino valtellinese (caratterizzato da acidità, freschezza, sapidità) e che differenzia, al proprio interno, gli stessi diversi vini della valle. Simonit si è scagliato contro l'omologazione della viticoltura per poi addentrarsi nelle tecniche di coltivazione della vite e, in particolare sulla potatura, un'arte che rischia di andare perduta, quando invece il potatore gioca un ruolo importantissimo, lavora alla stregua di un chirurgo, con una tecnica che vuole essere la meno invasiva e la più rispettosa possibile della vite, in grado di garantire la longevità dei vigneti. Simonit ha anche annunciato che sta per partire in Lombardia la prima scuola di potatura alla quale si sono già iscritte una ventina di aziende della nostra regione.

I primi corsi si terranno in febbraio nella sede dell'azienda Bellavista in Franciacorta. Terminato il convegno, la stessa dinamicità del settore vitivinicolo valtellinese si è trasferita nelle tendenze in corso nel settore della ristorazione, come è emerso dalla cena dal titolo “Elogio della semplicità...quella difficile a farsi”. Protagoniste insieme ai vini di Valtellina materie prima naturali, rintracciabili, eccellenti, ma al tempo stesso reperibili nella quotidianità. Una visione gastronomica interpretata da quattro cuochi stellati: Stefano Masanti (Il Cantinone, Madesimo), Andrea Tonola (Lanterna Verde, Villa di Chiavenna), Claudio Prandi (Il Griso, Malgrate), Alessandro Negrini (Aimo e Nadia, Milano). “Gli ospiti hanno espresso soddisfazione nei confronti della nuova Valtellina vitivinicola – ha detto Mamete Prevostini, presidente del Consorzio Tutela Vini di Valtellina - e apprezzato la degustazione narrativa, capace, attraverso i vini, di fare emergere il significato dell'incontro: la Valtellina del futuro. In questo modo si è voluto sottolineare l'importanza del significato di territorio e l'unicità che insieme rappresentiamo”.

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