Intervisto Maurizio Zanella, classe 1956, presidente del Consorzio Tutela Franciacorta, in una delle sale di rappresentanza della sua azienda-museo, la Cà del Bosco, a Erbusco, dove Maurizio vive e lavora da 40 anni, praticamente da quando vi arrivò quindicenne, inviato dalla madre Annamaria Clementi a studiare nella quiete della campagna. Qui, dove era allora – anno 1971 - solo una piccola cascina senza elettricità e senza acqua corrente, con una piccola vigna piantata tre anni prima, scoppiò l'amore di Maurizio per il vino. La sua storia era segnata. «E' il mestiere più bello del mondo – afferma – avere il Padre Eterno come partner, valorizzare al massimo l'uva che Lui ci dà». Intervisto Zanella alla vigilia della vendemmia 2010, con diverse novità sul tavolo del Consorzio: nuovo logo, nuovo sito web, nuovo direttore-manager, nuovo Disciplinare di produzione, nuovo Festival in Cantina. Di argomenti ce n'è.
La Franciacorta è leader in Italia del mercato delle bollicine Metodo Classico: 101 aziende imbottigliatrici, altre 180 che producono uve, 9,5 milioni le bottiglie vendute nel 2009 per un fatturato di 120-130 milioni di euro. Quest'anno si pensa di arrivare a superare i 10 milioni di bottiglie vendute (+4-5%). Dove volete arrivare?
«Vogliamo arrivare a produrre ancora meglio. I numeri non ci interessano. Siamo la prima zona italiana per le bollicine, per ora, ma ci sono altre zone che ci supereranno in quantità, pensiamo al Trentino e all'Oltrepò, che hanno estensione di vigneti nettamente superiore alla nostra. Il problema non è di mantenere l'attuale leadership di quantità: anche se arrivassimo secondi o terzi, non abbiamo ansia da prestazioni, a noi interessa qualificare ulteriormente la produzione. Il disciplinare di produzione è al suo ottavo cambiamento in questi anni per cercare di crescere continuamente il livello qualitativo del prodotto e distinguersi dagli altri non tanto perché siamo i più grossi ma i più bravi».
Per fare del buon vino – lei sostiene – ci vogliono territorio, amore, soldi, tempo e tradizione. La Franciacorta ha tutto questo o vi manca qualcosa?
«Tutto questo ce l'ha. La cosa che ci manca di più è la tradizione. L'anno prossimo, nel 2011, saremo ai 50 anni di produzione in Franciacorta, almeno per le aziende più vecchie, pochissime. In 50 anni si acquisisce poca tradizione. Il problema è infondere questa cultura che solo la tradizione può dare, una cultura qualitativa. Quello che manca alla Franciacorta è il numero di vendemmie, perché solo un numero grande di vendemmie dà al produttore tradizione e consapevolezza di migliorarsi ogni anno. Il Consorzio sta cercando di supplire alla carenza della tradizione della zona adoperandosi con disciplinari più ristretti e con un ufficio tecnico che è più presente, dà consigli e aiuta le nuove aziende a superare il gap il più possibile».
Dopo quelle del 2008, sono attese entro l'autunno nuove modifiche al Disciplinare di produzione del Consorzio. Quali le principali novità?
«Nel 2008 era stato deciso un maggiore periodo di permanenza sui lieviti per il Franciacorta Satèn e Rosé, che passò da 18 a 24 mesi; l'aumento dei ceppi per ettaro, quindi vigneti più fitti per prolungarne la vita: più allunghiamo la vita del vigneto più otteniamo uva buona; maggiore percentuale minima di Pinot Nero nel Franciacorta Rosé: passò da 15 a 25 per cento, un rosé di fatto, non solo di colore; è stato introdotto il Franciacorta Riserva, con 60 mesi di permanenza sui lieviti. Ora la revisione del 2010 porterà ad un maggior controllo della denominazione, anche in base all'andamento del mercato. La regolamentazione sull'eventuale uso della riserva vendemmiale è stata migliorata e resa più gestibile. Negli ultimi anni si è piantato troppo e piantando troppo rischiavamo che l'uva fosse in eccedenza rispetto alle necessità della zona. Bisogna regolare la produzione in funzione delle possibilità di vendita. Il problema è stato dimensionato quest'anno dalla grandine, ma sta per uscire la legge regionale che vieterà nuovi vigneti in Franciacorta per tre anni».
I produttori associati comunque continuano ad aumentare: 20-30 nuovi produttori negli ultimi due anni. I numeri di bottiglie cresceranno ancora…
«Per ora – come detto – blocchiamo i nuovi impianti per tre anni. Il problema quantità si riproporrà quindi tra tre anni, quando inizieranno a produrre i vigneti piantati adesso, circa 250 nuovi ettari, che portano il totale della Franciacorta a circa 2.400 ettari vitati. Ripeto, non è per ora la quantità che ci interessa, che comunque vogliamo controllare, ma vogliamo farci apprezzare per la qualità, per un prodotto diverso dallo Champagne e magari superiore».
Non vi sembra che paragonare la Franciacorta al terroir della Champagne sia un po' eccessivo?
«Non la paragoniamo. Condanno chi si permette di fare un paragone del genere, non c'è la minima affinità per quanto riguarda il terroir tra queste due zone, sono completamente diverse e producono vini completamente diversi, per fortuna nostra. Per questo non abbiamo un principio di sudditanza e crediamo che la Franciacorta non abbia niente da invidiare, proprio perché è diversa. In funzione della diversità possiamo fare bene, se fosse uguale saremmo sempre perdenti, perché loro hanno 250 anni di storia in più».
La parola spumante è davvero morta?
«Sì, sì, lo spumante è già morto e tutti ne hanno preso le distanze. Già il termine bollicine, forse da noi inventato, è ora abbandonato da noi e anche da altri. Le zone che hanno più successo - Franciacorta, Prosecco e Asti - non hanno più bisogno di usare le parole spumante e nemmeno bollicine, basta il loro nome propri».
Dal 6 settembre sarà insediato il nuovo amministratore delegato del Consorzio, Giuseppe Salvioni, ex manager Panasonic. Cosa cambia? «Siamo il primo Consorzio in Italia ad avere un amministratore delegato e quindi ad essere gestito come un'azienda. Cambia completamente la filosofia del Consorzio: l'assemblea dei produttori dirà la sua, ma sarà il consiglio di amministrazione e l'amministratore delegato a prendere le decisioni. Non dovremo avere utili ma le risorse dovranno essere gestite nel modo migliore per andare a pareggio. Il nostro bilancio – tengo a precisare - per l'85% è formato da contributi dei produttori, non c'è l'assistenzialismo che esiste in altre Regioni italiane dove i contributi pubblici sono l'80 per cento. E' un vanto nostro».
Il 18-19 settembre avete programmato il “Festival Franciacorta in Cantina”, modificando la formula del tradizionale Festival settembrino che tanto successo ha sempre avuto? Perché?
«Il tradizionale Festival (oltre 6 mila visitatori l'anno scorso) ha un budget importantissimo in fatto di costi e lo vogliamo pianificare molto di più. Lo abbiamo reso biennale. Al festival importante alterniamo un Festival in Cantina che costa meno al Consorzio. Non sarà una pura visita nelle cantine, ma con tutta una serie di iniziative organizzate nelle cantine, con il coordinamento del Consorzio e della Strada del Franciacorta. Sarà comunque un bel Festival».
Il futuro? Dopo la crisi - sia pure leggera per voi - del 2009 e 2010 cosa prevede per il 2011?
«Il 2011 sarà certamente un anno di ripresa generale. Per quanto ci riguarda, penso ai nuovi mercati che abbiamo davanti, gli spazi che possiamo conquistare: al Centro e Sud Italia siamo ancora poco conosciuti dal consumatore finale, così come all'estero. Abbiamo praterie da conquistare, un avvenire straordinario ci aspetta. Dobbiamo ancora investire molto per far conoscere la nostra qualità a un pubblico sempre più vasto».
Non facesse il mestiere che fa, quale altra professione vorrebbe esercitare?
«Non facessi questo lavoro, vorrei lavorare nel settore della creatività e dell'arte, senza però il bisogno di vendere e lucrare. Il piacere di creare arte, cose belle e basta, senza pensare al guadagno».
Intervista di Roberto Vitali
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