Vincere in Umbria
per imporsi in Italia

E alla fine, arrivò anche la foto. Riuniti per la prima volta in pubblico a Narni per dare una spinta al candidato «civico» alle elezioni umbre, il presidente del Consiglio Conte e Di Maio, Zingaretti e Speranza si sono messi in posa davanti ai fotografi e per l’occasione, hanno persino tentato un abbraccio. Finora avevano accuratamente evitato di mostrarsi insieme, un po’ come fece Renzi con Alfano ai tempi del suo governo. Ufficialmente quella narnese era un’occasione per spiegare la manovra economica all’elettorato: piccola bugia, si trattava del comizio di fine campagna elettorale a favore dell’albergatore di Norcia Vincenzo Bianconi che il centrosinistra-grillino ha candidato alla presidenza della regione Umbria.

All’appuntamento mancava Renzi, tenutosi accuratamente lontano per non confondersi con una prospettiva – quella dell’alleanza organica con i Cinque Stelle – che non solo non condivide ma che presto combatterà: per lui la collaborazione tra partiti avversari nell’attuale governo è un fatto puramente momentaneo e obbligato dalle circostanze.

E invece proprio la foto di Narni dimostra che per Pd eM5S l’alleanza è diventata un fatto vitale: lo dice esplicitamente Zingaretti («Divisi perdiamo») mentre non lo vuole e non lo può ancora ammettere Di Maio inseguito com’è dai malumori interni. Conte preferisce non esprimersi: il presidente del Consiglio del governo più a destra della storia repubblicana e, subito dopo, di quello più a sinistra, vuole mantenersi «super partes». Quanto a Speranza, il neoresponsabile della Sanità ancora non crede ai suoi occhi nel vedersi ministro grazie alla coalizione giallo-rossa.

Ma qualunque sia la prospettiva di Pd, M5S e LeU, la «foto di Narni» sta a dire che, giocando insieme la partita della Regione Umbria, perciostesso conferiscono alla competizione regionale un significato politico nazionale che proprio Conte ha provato qualche giorno fa a ridimensionare. Essere andati in comitiva a Narni dà peso al voto umbro, cosa molto gradita a Salvini che, sentendo odore di vittoria, è pronto a pronosticare l’arrivo della «prima spallata al governo giallo-rosso» e aspetta solo di contare i voti di Perugia, Terni e Narni per intimare a Conte di andarsene da Palazzo Chigi e chiedere a Mattarella nuove elezioni anticipate.

Da questo punto di vista, dunque, la mossa di Zingaretti-Di Maio-Speranza-Conte potrebbe rivelarsi un autogoal, un passo falso. Se non fossero andati a farsi fotografare insieme davvero il voto sarebbe stato quasi solo una faccenda degli umbri, governati da decenni dai comunisti e poi dagli ex comunisti che, travolti dagli scandali, hanno finito per cedere il passo – Comune dopo Comune – proprio alla Lega e al centrodestra. Se anche la Regione oggi cadesse nelle mani di Salvini non sarebbe una grande sorpresa.

Da come andranno le cose dipenderanno anche gli accordi per le altre due regioni che presto andranno al voto, la Calabria e soprattutto l’Emilia Romagna che è un po’ la cassaforte del Pd e di tutta la sinistra. Una vittoria a Perugia faciliterebbe le cose con i grillini, una sconfitta probabilmente porterebbe ognuno a casa propria. Zingaretti spera che non deperisca anzitempo una prospettiva cui lega lo stesso futuro del partito democratico: il Pd potrebbe, grazie ai voti grillini, ricostruire un’area di centrosinistra in grado di combattere ad armi pari con una destra leghista già maggioritaria nelle urne. Tutto questo si basa naturalmente sul presupposto che i grillini si comportino come dei docili portatori d’acqua alla più navigata classe politica Pd. Ma non è detto che Di Maio accetti di buon grado di essere subordinato agli antichi nemici pur di conservare un posto al governo.

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