
L'Editoriale
Giovedì 12 Ottobre 2017
Vigilanza sulle banche
I rischi per l’Italia
Vero è che le nuove norme, molto severe e restrittive, che l’organo di vigilanza della Bce vorrebbe introdurre per combattere i crediti deteriorati delle banche, sono tutte rivolte al futuro, a valere dal primo gennaio prossimo, e non riguardano la situazione in essere, ma non si può dare torto a coloro – un po’ tutto il sistema finanziario italiano, a cominciare da Bankitalia – che considerano l’idea quanto meno intempestiva. Il giro di vite proposto da Danièle Nouy, presidente del Consiglio di vigilanza, una bionda signora francese dalle apparenze soavi ma dal pugno di ferro, prevede – in autonomia rispetto a Mario Draghi - che le banche debbano coprire entro 2 anni con accantonamenti al 100% i crediti più incerti, arrivando a 7 solo per quelli più garantiti.
Buone le intenzioni, ma i crediti non sono solo di due categorie, ognuno è diverso dall’altro, quando li vuoi recuperare. Le conseguenze pratiche sono già state misurate dalle nostre banche. Solo con riferimento alle prime 10, si parla già per il 2018 di 1,4 miliardi di accantonamenti in più, che scendono un po’ negli anni successivi, ma con una diminuzione – da qui al 2024 – di almeno 9 miliardi. Pazienza per il -12% di utili aziendali (anche se i banchieri non sono popolari, ma i dividendi sì), tuttavia quei 9 miliardi sono ossigeno negato ad un sistema produttivo e familiare che ha bisogno di prestiti e può contribuire a tutto il circuito virtuoso dell’economia: investimenti sostenuti, inflazione moderata, consumi in crescita. Gli unici a guadagnarci sarebbero insomma gli istituti specializzati nel ramazzare i crediti a basso prezzo, allettando chi svende.
Avendo fatto l’esperienza choccante del «bail-in», che arrivò senza tante polemiche, pressochè ignorato, e poi fu all’origine di un crollo di valore delle banche sui mercati borsistici da cui non siamo ancora usciti del tutto, nonostante le brillanti prestazioni recenti di Piazza Affari, questa volta l’allarme è suonato molto forte e ha trovato unanimi tutti gli operatori, dalla finanza all’industria, al Governo, agli organi di vigilanza. Come al solito, in verità, l’Italia non è proprio del tutto innocente nel sostenere tesi anche giuste, perché la misura dei prestiti «lordi» troppo facili è al 12%, mentre la media Ue è al 4,5%, e dunque non possiamo pensare di trovare grandi alleanze in giro per il continente. Ma è vero anche che solo nel 2017 sono stati fatti miracoli, portando lo stock delle sofferenze nette (cioè quelle davvero difficili) al valore più basso dal 2013, 65,8 miliardi, contro un punto di partenza quasi tre volte più alto.
Insomma stiamo facendo uno sforzo straordinario, davvero impensabile a inizio anno, tanto che il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, era giunto a dire che «l’Italia stupirà il mondo». Ma per queste cose occorre un quadro un po’ più stabile, mentre il settore finanziario soffre di un vero e proprio «terremoto normativo», in continuo rinnovo europeo e nazionale. Prima lassismo, poi accanimento. Le ultime regole in materia erano della primavera scorsa, ma già ora arriva un «addendum», una aggiunta che introduce criteri che lasciano perplessi gli esperti. Non ci avventuriamo nelle questioni tecniche del contrasto tra principi contabili e indicazioni dell’addendum, ma è certamente sconcertante la scelta della durata dei crediti da svalutare che introduce non criteri razionali o comunque motivati, ma solo il criterio della durata: 2 o 7 anni. «Gli antichi li definirebbero numeri magici», ha commentato Patuelli. Ecco perché non hanno torto coloro che denunciano un atteggiamento intempestivo. Non è una cosa buona, proprio mentre sta partendo la ripresa e l’industria dimostra con una forte progressione confermata ogni trimestre che gli investimenti (e le regole 4.0 di Calenda) funzionano. In campo finanziario già dobbiamo attrezzarci per la fine dell’epoca d’oro del «quantitative easing» di Draghi, e aiutare il percorso in salita del risanamento delle banche mal gestite. Quanto a quelle in salute, superati brillantemente gli stress test di Francoforte, sarebbe auspicabile potessero dedicarsi alla loro essenziale funzione di raccolta e prestito, accompagnando con prudenza il presumibile rialzo dei tassi che fisiologicamente farà seguito all’attenuazione delle politiche espansive.
Il bello è che tutto questo avviene nei giorni stessi in cui il premio Nobel dell’Economia viene assegnato a uno studioso come Richard Thaler che ha sottolineato l’incidenza del fattore psicologico umano nell’evoluzione dei fenomeni economici. Insomma l’influenza dell’irrazionale, delle tendenze sociali, dello scarso autocontrollo del fattore umano.
Luigi Einaudi non ha mai ricevuto il Nobel, ma usava efficaci metafore zoologiche, quando descriveva il risparmiatore – figura al centro di tutto il suo pensiero – come un elefante per la memoria, un coniglio per la propensione al rischio, una lepre per la velocità di fuga al primo accenno di pericolo. È quest’ultimo il caso, ma forse la signora Nouy non aspira al Nobel.
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angelo mazzucchi
7 anni, 7 mesi
Quando si scopre che un debito è incerto, tecnicamente un incaglio, è come quando si chiama il prete per l'olio santo e suonano le campane a morto, nella stragrande ripeto stragrande maggioranza dei casi diventa una sofferenza. I puntelli che si vogliono mettere sono soldi persi;ripeto nella stragrande maggioranza dei casi.Assolutamente condivisibili le nuove norme - Un dubbio : voglio sperare che non sia Bankitalia a stabilire quali sono i debiti incerti, sotto il profilo " vigilanza " ha dimostrato un'incapacità totale.
Rosanna Vavassori
7 anni, 7 mesi
I banchieri i bancari e i banditi dormono sonni tranquilli. A l pagare per loro saremo come al solito noi, popolo bue.
Fabio Piazzoni
7 anni, 7 mesi
Che articolo scandaloso pro banche
paolo cunico
7 anni, 7 mesi
non si può avere banche solide senza regole rigide di prudenza. ricordate del proverbio della botte piena e moglie ubriaca?. beh io preferisco le banche solide,e mi pare che abbiate visto cosa succede quando non lo sono. tra l'altro queste regole non mi sembrano nemmeno abbastanza,possono ancora riempirsi senza limiti di titoli pubblici tossici
Fabio Piazzoni
7 anni, 7 mesi
Ma i Facchetti di turno sono gli amanti dei salvataggi delle banche che dobbiamo pagare noi perché banchieri cialtroni non hanno usato elementari regole di prudenza. Gli amanti dei debiti scaricati sul gobbo dei fessi che i debiti non li hanno fatti.