L'Editoriale / Bergamo Città
Domenica 28 Dicembre 2014
Vecchia Europa
mai così vecchia
Le prime parole del neo presidente dell’Inps sono dedicate all’andamento demografico. Un modo elegante per dire che non si fanno figli e aumenta il numero degli anziani. Tito Boeri parla il linguaggio dei tecnici, ma la verità è che gli occupati non riescono a sostenere con i loro contributi le pensioni dei più vecchi. Se dovessimo riassumere in una parola il male oscuro che assedia l’Europa non ci sarebbero esitazioni: invecchiamento.
I singoli Stati dell’Eurozona litigano sulle ricette per uscire dalla crisi e non si accorgono di essere più simili di quanto credano. La Germania è leader ed ha il merito di pensare avanti, cioè di prevedere i fenomeni, ma non c’è supremazia che tenga se si condivide il destino di una società vecchia in un continente vecchio. Hans Werner Sinn, uno dei più affermati economisti, capo del centro di ricerca Ifo di Monaco di Baviera, lancia l’allarme: tra qualche anno i figli del cosiddetto boom delle nascite andranno in pensione ma la nuova leva non è in grado di sostituirli. Troppo pochi. In una proiezione di vent’anni i migranti chiamati a tappare il buco raggiungerebbero, compresi i familiari, la cifra di decine di milioni. Una condizione insostenibile per qualsiasi società. Da qui l’ipotesi avanzata da alcuni studiosi e dallo stesso Sinn di abolire la soglia di entrata in quiescenza e far lavorare gli anziani a tempo indeterminato sino al momento in cui saranno gli interessati a decidere di lasciare l’attività lavorativa.
Dall’altra parte i giovani dovranno pensare alla propria pensione in modo integrativo perché lo Stato non sarà in grado di corrispondere loro quanto serve per sopravvivere in modo dignitoso. E gli stessi pensionati si vedranno ridurre le loro pensioni in modo proporzionale a quanto hanno versato. Ed è quello che si paventa in modo discreto anche in Italia. Con la nomina di Tito Boeri l’Inps rompe la tradizione di chi vedeva al vertice del gigante della previdenza un sindacalista o un funzionario della pubblica amministrazione. Un professore universitario guarda ai conti con occhio disincantato. E quando il piatto piange bisogna tagliare. In primis le pensioni d’oro, ma si sa che l’impatto sull’equilibrio del bilancio è minimo. Diverso sarebbe se la forbice calasse sulle pensioni da tremila euro lordi.
Il tema è socialmente una bomba atomica anche perché l’elettorato è vecchio e ragiona da vecchio.La vera soluzione del problema sarebbe fare più figli. Parlare di questo con giovani coppie porta il discorso sulla precarietà del lavoro. Come si fa a sposarsi, a creare una famiglia, se i mutui non si concedono, se l’occupazione fissa è una chimera ? Se si ha la fortuna di lavorare in due poi non ci sono asili nido dove portare i bambini in età prescolare. Argomenti legittimi ma poi guardiamo alla Germania e scopriamo che alla nascita del figlio uno dei due coniugi può stare a casa per un anno con una retribuzione del 67% dello stipendio netto. Che i genitori percepiscono per ogni figlio un contributo mensile che varia tra i 184 e 215 euro sino al diciottesimo anno d’età. Che se hanno perso il lavoro, oltre al sussidio di disoccupazione, ricevono 219 euro per ogni bambino e le spese dell’affitto. Si registra un’inversione di tendenza nelle nascite, ma ancora troppo debole e la rata di invecchiamento è la peggiore in Europa: 160 anziani per cento giovani. Il problema è esistenziale.
L’appagamento individuale fa premio sul bene comune. I diritti del singolo esaltano la sua libertà ma condannano quelli della comunità se svincolati da un’etica della rinuncia. È questa la vera malattia e non bastano gli economisti, anche se bravi, a curarla.
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