Unione Europea
L’incompiuta

Le vicende legate al «dirottamento» di Paolo Savona dal ministero dell’Economia al meno influente ministero delle Politiche comunitarie - in relazione ad ipotesi dallo stesso avanzate di uscita dall’euro con l’attuazione di un piano B «segreto» - hanno creato le condizioni perché il tema dell’Europa diventi, nei prossimi mesi, l’elemento centrale del dibattito politico. Se questo dibattito si svilupperà entrando nel merito dei problemi, si capirà finalmente chi ritiene ineluttabile l’uscita dall’euro e chi, anche attraverso una rivisitazione dei Trattati, intende operare per una «rifondazione» del progetto europeo. L’Unione europea, tra i più rivoluzionari eventi politici del secolo scorso, ha avuto inizio grazie a tre forze: l’azione di governanti illuminati come Adenauer, Kohl, De Gasperi, Schumann e Mitterand; l’ispirazione di grandi politici come Monnet, Spinelli, Delors e altri; l’adesione profonda di gran parte del popolo europeo.

C’è da dire, tuttavia, che da quando l’avventura europea è cominciata l’oggetto della costituzione europea è stato soprattutto economico, anche se la natura, il significato, l’impulso sono sempre rimasti politici. Ne è testimonianza la creazione dell’euro, che aveva anche il compito di migliorare gli standard di vita dei cittadini, aumentando l’efficienza nell’allocazione delle risorse e accrescendo la concorrenza. Rappresentava, quindi, un progetto finalizzato a migliorare l’integrazione politica dell’Europa, garantendo una coesistenza pacifica e fruttuosa fra persone e nazioni vicine tra loro. Purtroppo, l’euro non è riuscito fino ad oggi a realizzare pienamente nessuno dei suoi principali obiettivi, su tutti quelli della prosperità e dell’integrazione politica. Invece di concordia e armonia abbiamo situazioni in cui, soprattutto per le conseguenze dei flussi migratori e di disagi economici e sociali, i Paesi europei si guardano con diffidenza. Del resto, far funzionare una moneta unica in una Europa con enormi disparità economiche e politiche, non è facile. La moneta unica comporta un tasso fisso di cambio e un unico tasso d’interesse e per produrre tutti i suoi effetti avrebbe bisogno di un apparato politico di sostegno. Ma è proprio da questo punto di vista che l’Unione europea mostra incompiutezze. È incompiuta sul piano delle competenze, perché manca ancora della più fondamentale funzione di governo, quella di assicurare ai cittadini la sicurezza interna (esercito comune) ed esterna (politica estera comune).

È incompiuta sul piano istituzionale, perché non applica con pienezza i principi fondamentali della civiltà politica occidentale, cioè l’ancoraggio al voto popolare dell’esecutivo e del legislativo. Non è stata ancora realizzata l’Unione bancaria europea, per rendere comuni i rischi di crisi bancarie. La Bce, vincolata dalle politiche di austerità della Germania, attua interventi monetari orientati a prevenire l’inflazione, piuttosto che a promuovere la crescita e l’occupazione. La Germania, poi, si rifiuta di eliminare il notevole saldo attivo del proprio bilancio pubblico e di utilizzare una parte di quelle risorse per alimentare la crescita dell’Europa. Tutto ciò ha fatto sì che in diversi Stati crescessero istanze sovraniste che, come avvenuto per l’Inghilterra, si propongono di uscire dall’Unione. Fortunatamente, recenti ricerche hanno evidenziato che nel nostro Paese c’è ancora una larga maggioranza che crede nella necessità di una evoluzione positiva del progetto europeo. C’è da augurarsi, quindi, che, pur con strategie e linee programmatiche diverse, tutte le forze politiche si impegnino per raggiungere questo obiettivo. Occorre essere consapevoli che la vocazione europea dell’Italia è del tutto coerente con la sua identità culturale: con l’universalismo classico romano, con l’universalismo religioso cattolico, con le aperture europee che ne percorrono la sua storia, fino al Risorgimento.

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