Un nuovo disegno
per la Bergamasca

Non è solo questione di soldi. In tempi di scarsa finanza pubblica, è la progettualità che fa la differenza tra ordinaria amministrazione e visione dello sviluppo territoriale, puntando se mai a regolare con intelligenza il libero istinto di crescita dell’investimento privato, vedi Brebemi e operazione Percassi a San Pellegrino. Per Bergamo e la sua terra, Regione, Provincia e Comune capoluogo sono gli architetti di un futuro urgente. Le idee non costano, se sono buone si affermano.

Dipendesse dai soldi, solo Roberto Maroni avrebbe un ruolo. Per Giorgio Gori, ci sono appena le risorse per fare l’ordinario, per Matteo Rossi non ne parliamo: non una lira per la parte politica, e dimezzamento delle competenze umane disponibili. Eppure, tutti e tre possono fare molto, se si coordinano. La politica non è aziendalismo, è costruire un futuro collettivo, e il pragmatismo lombardo può aiutare.

Gori un segnale l’ha lanciato, quando ha deciso di ridurre imposte e procedure urbanistiche in cambio di nuovi insediamenti industriali innovativi. Non avendo soldi, ha scelto di rinunciare a chiederne una parte a chi può dare alla città quella crescita che l’Ocse raccomanda a tutto il nostro territorio. Parafrasando McLuhan, è il messaggio che conta, e questo non sfugge certo a Carlo Mazzoleni, che giustamente chiede pari attenzione per chi già c’è.

L’innovazione, nell’era del web, non rispetta certo la cinta daziaria di un Comune, prova ne sia che il centro bergamasco più smart sta a Stezzano. Ma il segnale è chiarissimo, e qualifica una amministrazione. Vuol dire che Bergamo non vuole essere solo Accademia Carrara e Città Alta, turismo e cultura, né gestione burocratica di Ztl e orari dei negozi, ma intende stare, da protagonista, nel grande flusso dello sviluppo industriale avanzato. È così fin da quando i pionieri del tessile o Antonio Pesenti svegliarono il borgo sonnecchiante della loro epoca.

Altri Comuni dovrebbero unirsi, all’insegna di una vera Grande Bergamo. E qui serve un coordinamento con la Provincia, finchè Delrio la lascerà vivere, perché il nuovo Statuto può essere lo strumento per favorire la condivisione delle buone pratiche. Rossi ha fatto i salti mortali per muoversi nel vuoto che gli si è voluto creare attorno, solo con qualche errore nelle nomine, e la cosa migliore che gli è riuscita è stata quella di far lavorare (gratis) assessori-non assessori in uno spirito di volontariato che fa contento il sentimento anti casta, ma che non potrà andar molto lontano. Eppure, la dimensione provinciale, in un territorio di un milione di abitanti, è ancora indispensabile, perché occorre dar voce a 242 Comuni.

Decisivo, infine, il discorso che riguarda il governatore della Lombardia, che ha in mano dossier decisivi per Bergamo come le ferrovie e le autostrade Pedemontana e Bergamo-Treviglio-Lodi, ora fortunatamente con l’aiuto di un giovane assessore bergamasco, Alessandro Sorte, con Iacopo Scandella del Pd uno degli under 30 usciti dalle nostre urne. Nella recente delibera che ha dato alle Province, salvo l’agricoltura, tutte le vecchie competenze, ci sono sfide almeno da meditare in positivo.

Maroni sogna la Lombardia a statuto speciale, ma questa è solo propaganda. Per il momento, sta tentando di fare una Provincia a statuto speciale, quella di Sondrio. Sarà che Sondrio è quasi l’ultima ridotta leghista, ma pensare ad uno Statuto specifico per le aree di montagna non è un’idea da buttar via. Potrebbe essere applicabile anche alla nostra montagna, dandole risorse e opportunità per non essere dipendente solo dal capoluogo?

Quando si dice progettualità, è questo che intendiamo: ridisegnare da capo la Regione più sviluppata d’Europa, per realizzare al meglio la complementarietà di aree diverse ma omogenee, anche fuori dagli steccati antichi, ora che si vogliono abolire le Province e nasce Milano metropolitana. Anche la riforma sanitaria della Regione sembra muoversi in questa direzione, quando accorpa e spezza in due la Provincia di Bergamo riconoscendone la diversità socio economica, o ipotizza nuovi rapporti tra Bassa bergamasca, Alto cremonese e Lodigiano. Certo, ci vuole un gran coraggio e molta fantasia, ma il 2000 è già passato da 15 anni.

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