Torna la grandeur
ai danni dell’italia

La storia è questa: nell’aprile 2017 Fincantieri acquista in Francia dal gruppo sudcoreano Stx offshore & Shipbuilding il 66,7% dei cantieri Stx di Saint-Nazaire. Con il governo Hollande concorda una quota del 48% in capo a Monfalcone e un 7% alla Fondazione italiana CrTrieste, allo Stato francese rimane un 33% . L’obiettivo per Parigi, secondo le parole del ministro competente di allora Christophe Sirigue, è garantire «l’avvenire» grazie a «un azionista industriale europeo solido come socio di riferimento».

Nel frattempo arriva Emanuel Macron e il neo presidente si presenta con la pretesa di avere una maggioranza paritetica. Se agli italiani la proposta non va bene si passa alla nazionalizzazione. Una domanda sorge immediata: com’è possibile che il capo dello Stato francese assurto alle cronache per il suo europeismo e l’avversione al nazionalismo dichiarato di Marine Le Pen nello spazio di due mesi assesti due colpi micidiali ad un partner europeo storicamente amico e con il quale la Francia ha condiviso in tutti questi decenni il comune ideale europeo nel segno della collaborazione e non della contrapposizione?

È proprio di questi giorni la convocazione a Parigi dei due leader libici per avviare un processo di riappacificazione e indire nuove elezioni senza nemmeno avvisare il governo italiano che della questione libica è il più diretto interessato. Uno sgarbo diplomatico che fa il paio con quello di Nicolas Sarkozy del 2011 quando l’allora presidente francese impose al governo Berlusconi la cacciata di Gheddafi senza preoccuparsi delle conseguenze che ne sarebbero derivate. È infatti da allora che grava sulle spalle italiane il peso della migrazione proveniente dalla costa africana senza che alcuno in Europa si preoccupi di condividerne la responsabilità. Ed è proprio la Francia di Macron che nega l’accesso dei porti francesi ai rifugiati e pone in essere la distinzione fra rifugiato politico e migrante economico.

È evidente che Macron ha trovato in Italia il punto debole dove poter dar corso alla nostalgia di grandeur che fa della Francia il paese più nazionalista d’Europa. Se la Francia vuole pesare in Europa e controbilanciare il potere economico della Germania deve estendere la sua egemonia su altri Paesi.

L’Italia nel bacino mediterraneo è senz’altro la preda più ricca e da tempo gli occhi francesi sono puntati sulla nostra penisola. Le difficoltà economiche seguite alla crisi dell’euro hanno facilitato l’accesso di aziende straniere sul mercato italiano. I francesi in Italia sono intervenuti sempre con occhio alle produzioni strategiche di sistema, finanza, telecomunicazioni e lusso-moda.

Non è un caso che i due amministratori di punta di Unicredit e di Generali siano francesi, Banca Nazionale del Lavoro e Cariparma sono in mani francesi, Parmalat è ancora una ferita aperta, Carrefour, Auchan, Leroy Merlin e altri meno noti condizionano la distribuzione italiana in modo rilevante. Luxottica si è fusa con il produttore francese di lenti ottiche ma ha trasferito la sua sede a Parigi. Vincent Bolloré è azionista di riferimento di Telecom Italia ed ha il 23,9% di Mediaset.

Secondo uno studio di Kpmg dal 2006 al 2016 i transalpini hanno acquisito attività in Italia per 52,3 miliardi mentre gli italiani nello stesso periodo per soli 7,6 miliardi. La verità è che la Francia sinora è cresciuta facendo massa critica con l’Italia per linee interne, adesso risulta eclatante che il conflitto sia politico. E il ministro Calenda ha posto con ragione il problema della dignità nazionale. Ma il governo di Roma ha la forza politica per far fronte all’arroganza transalpina ?

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